di Liborio Martorana 16/05/2021

Il 7 ottobre del 1986 è una giornata come tante, una giornata dove il tempo scorre lento e la gente avvolta nei propri da fare non immagina nemmeno che quel giorno qualcosa sarebbe arrivato per sconvolgere la vita di un intero quartier, di una intera città. La città è Palermo ed in quel periodo vedeva imperare una guerra di mafia che a lungo andare ha visto vincitori i corleonesi di Riina e Provenzano, di Bagarella e di Brusca, quella parte di mafia che oltre a fare affari non disdegnava le stragi, come vedremo negli anni a seguire. Il quartiere è quello di San Lorenzo posto nella parte nord-occidentale della città. Si potrebbe dire un quartiere scelto e selezionato per l’influenza mafiosa che subisce, un quartiere dove albergano una buona parte di persone per bene, gente onesta, laboriosa e dove allignano famiglie mafiose di una certa rilevanza. Al confine col quartiere Resuttana è stato tra i capofila del ghota mafioso. Quel 7 ottobre era stata una giornata calda, le scuole erano cominciate da poco ed i ragazzini non ancora entrati nel sistema scolastico dello studiare e fare i compiti, se ne stavano in giro a volte anche a ridosso dell’ora di cena per tirare dei calci ad un pallone. La dove non ci sono strutture sportive aperte a chiunque poteva andare bene qualsiasi spazio. E quel giorno, l’incontro tra una vittima ed un carnefice scuote la apparente tranquillità degli abitanti. Claudio è un ragazzino di undici anni, vive nel quartiere sopra citato, va a scuola, studia e come tutti gli altri ragazzini gli piace giocare a pallone assieme ai suoi coetanei. Quel giorno sta camminando in via Fattori vicino la scuola Ignazio Florio quando li vicino si ferma una moto di grossa cilindrata ed una persona col volto coperto dal casco lo chiama per nome dicendogli di avvicinarsi. Claudio con l’innocenza di un qualsiasi ragazzino gli si avvicina senza timore ed in modo interrogativo. Forse non ha visto la pistola che “l’uomo” ha impugnato, o forse si se ne è accorto ma non ha potuto accennare ad una reazione. Il carnefice spara un colpo diritto in mezzo agli occhi di Claudio. Sparare in faccia ad un ragazzino credo che comporti un grossa dose di coraggio e di sangue freddo, cosa che si addice ai killer di professione, a coloro che sono abituati ad uccidere senza fare alcuna distinzione, proprio come la scena di qualche film. Ma l’uccisione di Claudio Domino non può essere paragonata alla finzione cinematografica no, l’uccisione è stata vera e reale. Il giorno dopo l’orrenda esecuzione ci si è chiesto perché, ci siamo posti degli interrogativi. Si sono fatte le ipotesi più disparate. Si è parlato di una vendetta nei confronti della famiglia,  (al padre da poco era stato affidato il servizio di pulizia dell’aula bunker dove in quei giorni si stava svolgendo il maxi processo voluto da Falcone e Borsellino). Si è pensato che forse Claudio aveva visto e sentito qualcosa che non doveva sapere. Durante il maxi processo Giovanni Bontate reggente della famiglia di Villagrazia si apprestò a dire che loro (la mafia) con l’omicidio di quel ragazzino non avevano niente a che fare, sancendo di fatto il riconoscimento di cosa nostra, cosa che prima ne avevano sempre negato l’esistenza. Dopo qualche decennio e le ammissioni di diversi pentiti più o meno credibili viene fuori la storia che ad uccidere Claudio possa essere stato Giovanni Aiello alias faccia da mostro, l’ex poliziotto passato ai servizi segreti e sempre a detta di diversi pentiti al servizio di cosa nostra e a quanto pare la sua presenza è stata notata nei più grossi delitti di mafia. Purtroppo faccia da mostro è casualmente morto e non potrà dire nulla se mai lo avesse voluto. Per cui quello di Claudio Domino resta un omicidio senza motivazione apparente e pieno di perché. E’ stato faccia da mostro con la sua freddezza di killer navigato e per conto di chi? E’ stata la mafia? Questi interrogativi, noi che non abbiamo certezze assolute, c’è li poniamo ogni giorno ed ogni giorno ci chiediamo cosa possa essere successo per decretare l’esecuzione di un ragazzino di undici anni ammazzato come se fosse stato un boss di rango? C’è lo chiediamo senza ottenere alcuna risposta, senza che nessuno si pronunci nel merito. Nel frattempo la famiglia di Claudio Domino solca tutte le strade possibili gridando ad alta voce la richiesta di verità e di giustizia a distanza di ben trenta cinque anni dall’efferato delitto del loro bambino.

(Fonte immagine: web)