di giandiego marigo                                            1/10/2020
Prima di inoltrarmi nel dono promesso, cioè nell’esposizione della prima parte del primo libro di Erallon voglio donarvi un“appunto”. Esso non compare in alcuno dei libri, ma fa parte di un lavoro in itinere, che forse non vedrà mai la luce, la definizione appunti appare appropriata. Racconti brevi potrebbe essere un’altra , ma in questo caso si tratta proprio di un appunto. Dal vostro scrivano, con affetto. Uso come illustrazione un richiamo ad Ipazia d’Alessandria, non a caso, Euraclia le
assomiglia molto.
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Una delle grandi scelte che si devono operare quando si ricerchi
qualsivoglia verità è quella se dividere od unificare. Non è affatto una dichiarazione retorica o semplicistica, ma una metodologia analitica ed una premessa fondamentale. Ogni avvenimento, ogni forma pensiero, ogni più piccola cosa ci capiti sul sentiero o è parte di un tutto… di un UNO; oppure è figlia di questo o quell’accadimento, nell’immanente di questa o quella divinità… o demone. È normale ed umano avere la tendenza, per esempio, a separare quello che chiamiamo bene da quello che definiamo Male, ed anche qui la scelta è a monte ed è sempre la medesima: dividere o unificare. Esistono sicuramente realtà divisive, scelte, apparentemente necessarie ed inderogabili, che ci pongono di fronte ad una presa di posizione, eppure anche in quel caso possiamo scegliere di contemplare l’unicità degli opposti e la loro complementarietà. La scelta che faremo sarà la nostra scelta e dipenderà dal campo in cui siamo collocati per appartenenza e nascita. La dovremo operare, perché questo è il senso della vita, ma questo non ci impedirà di comprendere, l’unicità della fonte,
liberandoci così dalla passione e dall’odio. Le ragioni di ogni divisione, di ogni dicotomia, sono per pura logica equivalenti a quelle dell’unificazione che gli corrisponde, ancora una volta dipende dal campo da cui si osserva la situazione; come ogni affermata verità degli esseri, non esiste
realmente e mai una sola scelta, una sola definizione, eppure tutto è sorretto e legato dal filo dorato del destino, ma è come viene interpretato, camminato, attraversato il vero banco della nostra prova.
È quindi questa la chiave del Libero Arbitrio? Questo il segreto della saggezza? Il modo in cui riusciamo a leggere il nostro racconto? Possiamo frantumare e dichiarare che ogni frammento
contenga una sua parte di verità, non mentiremmo dicendolo ed opereremmo come suole e come è più facile comprendere. Oppure possiamo fare un passo verso l’alto e premettere che ogni
avvenimento, ogni persona che incontriamo, ogni angolo della nostra vite, oscuro o illuminato promani dalla medesima fonte, cercare di guardare all’universo nella sua unità e non nella diversità che pure è una delle sue caratteristiche peculiari. La realtà dell’esistente è composita, diversificata, colorata, ma questo non la rende meno “unitaria nell’essenza”. Il gioco dell’Uno, quello che definiamo vita, con le sue differenze e con i suoi punti di vista è il gioco che stiamo giocando, ma esso permane in un grande unico, meraviglioso campo di giochi. Dovremmo, forse, astenerci dal farli perché sono quel che sono? Non potremmo nemmeno volendo, nemmeno se fossimo perfettamente saggi. Siamo Esseri, quindi elementi indispensabili di questo stesso gioco, per quanto alta e complessa possa essere la nostra percezione; e l’esserne parte ci permette il cammino sul nostro sentiero. Siamo quel che siamo, ma questo non dovrebbe impedirci di capire… o almeno di provare a farlo. Questo annulla le differenze? Rende meno importanti le scelte che pensiamo di operare? Ci esime dall’avere opinioni e pensieri nostri, dall’essere parte di gruppi o di correnti di pensiero filosofico? Lo si è già detto, ma vale il ripeterlo: niente affatto solo ci spiega che senza la notte non ci sarebbe l’alba e che esse
sono altrettanto importanti per chi le guarda senza giudizio. Questo ci infastidisce, molto è molto più facile accettare un mondo diviso. Più facile indulgere nel giudizio e condannare l’altro per i suoi peccati. Quando pensiamo all’immanente noi adoperiamo figure retoriche, archetipi, è difficile per noi pensare ad un superiore che sia nella luce così come nell’oscuro, preferiamo creare un
guardiano di porta per ogni settore, ci aiuta a comprendere e ci permette di separare ed in ultima analisi ci consente di concepire la guerra, la lotta in difesa di assolute verità. La creazione di clan
e congreghe che affermano di avere verità assolute, qualsiasi esse siano. Se non partono dall’UNO esse sono solo opinioni, visioni di parte. L’unificazione è quindi un modello teologico, parliamo del divino? Certo, ma non solo. Il divino è una scelta, come ogni altra se non volete definirlo, non fatelo, non è necessario, solo utile. Resta qualche cosa che non riusciamo a comprendere, interamente, nel
nostro concetto, ne cogliamo pezzi e intuizioni, ed ancora una volta tendiamo a dividere. È per questo che sino qui sono stata molto attenta a non parlarne. Perché quando entra in campo
questo termine le menti di molti si irrigidiscono ed invece esso, per sua natura dovrebbe essere la più malleabile ed in divenire delle strutture morali degli esseri…]
(fonte immagine: web)