di giandiego marigo                                                                                           05/07/2020

Indubbiamente il COVID ha colpito, duramente, l’area delle abitudini e delle aggregazioni. Forse in questo coadiuvato dalle esigenze di controllo del potere, anzi certamente gestito strumentalmente a questo fine. Però la modificazione apportata al tessuto stesso del vivere sociale è indubbia e tangibile.

Basta aggirarsi a piedi per una qualsiasi città, al di là di ogni richiamo allarmistico all’incidenza letale della movida e si vede: L’isolamento, l’acrocchio prevalentemente famigliare e comunque limitato. È palese!

Però spingiamoci un poco in là e dentro. Qui a parlare ed a scrivere è lo scrittore o, se preferite, considerando la mia inesistente fama … lo scrivano.

Nel periodo del Lockdown si sono formati alcuni clan informatici. Parlo di quelli di minoranza, di nicchia e non delle moltitudini aggregate a questo o quel capo popolo carismatico e più o meno iconico e santificato. No! Parlo delle aggregazioni di minoranza, quelle che spesso si autodefiniscono pensanti, portatrici di saggezza e buone intenzioni.

Sempre più limitate , per altro, ormai la gestione mediatica della società porta la gente ad allinearsi in moltitudini dietro ad un vessillo occasionale e molto sgargiante, anche se il più delle volte vuoto ed inutile.

Parlo di coloro che si definiscono via via ecologisti, progressisti, marxisti-leninisti, comunisti e va dicendo dei piccoli clan e sottoclan di presunti liberi pensatori. Costoro hanno popolato la rete durante il lockdown, molto più di quanto non avessero mai fatto prima. Hanno scoperto la connessione,

L’assurda limitazione ormai di lungo corso permanente e probabilmente stabile (a questo punto) a quelli che vengono chiamati assembramenti sta privando la società di una sua parte fondamentale. La gestione alternata e personalistica della possibilità di “scendere in piazza” permessa ad alcuni e duramente regolamentata o vietata per altri. La lontananza dalla gente della politica, che si aggrega, festeggia, inaugura e si assembra mentre il resto del popolo che non lo fa e non lo potrà più fare, stabilisce una nuova regola ed un nuovo privilegio. La gestione elitaria e iper-controllata dell’informazione (falsamente conflittuale, ma realmente padronale), salvo alcuni casi di voci libere, ma generalmente flebili e sommerse; narra quel che meglio conviene al potere, con la scusa a tratti d’un superiore bene comune, d’una inderogabile necessità di salvezza da questa o quell’emergenza epocale.

In questo contesto vivono o meglio sopravvivono gruppi di alternativa, più o meno reali, più o meno radicali, che come abbiamo detto sopra oggi popolano la rete, più delle sale assembleari e delle piazze.

Sono abbastanza “precisi” come clan, difficilmente permeabili … in qualche modo influenzati dalla situazione oggettiva e dal modello ormai imperante di pragmatismo o realismo che dir si voglia. C’è poco, pochissimo spazio per i libertari in questi gruppi, essi per definizione si muovono per regole, per affinità dogmatiche, per appartenenze. Sono sempre più ristretti e perennemente sottoposti alla scissione. Il Libertario soffre queste cose … il cane sciolto muore solo, inosservato, dimenticato. Esiste davvero il libero pensatore, l’anarchico? Colui che ha il coraggio di dubitare? Di mettere in discussione tutti i dogmi e tutte le forme di potere … oppure oggi diviene impossibile dubitare del potere in quanto tale? Si deve scegliere essere o appartenere, accettare il pensiero comune oppure non esistere?

Oggi ci si arrende ad una delle sue forme, ritenendo la verticalità irrinunciabile, la circolarità utopistica, la condivisione e la compassione irrealizzabili? Oggi ci si adatta a quel che c’è, ritenendo le manifestazioni di potere e competitive, la tendenza alla prevaricazione ed alla manipolazione ambientale caratteristiche immodificabili della natura umana?

Se poi la scelta del libertario è totale cioè si spinge sino alle scelte alimentari ed al veganismo. L’isolamento è ancora maggiore perchè egli rifiuta la sagra della porchetta e della salsiccia, la grigliata in comune nel giorno della rivoluzione d’ottobre, la festa del ragù di capriolo. Tagliandosi fuori da un altro buon numero d’occasioni di “aggregazione consentita” che sembrano tornare possibili e proponibili.

Il libertario e scomodo, non è esattamente marxista, nemmeno esattamente socialista, non è anarchico nel senso letterale del termine, spesso non è nemmeno radical e sicuramente non è pseudodemocratico.

La disgregazione portata dal post COVID lo spinge nell’isolamento, nella solitudine. Generalmente questo non lo spaventa, però è e sempre più mortifica il libero pensiero. Ad umilissimo parere di questo scrivano, la rinuncia ai criteri libertari che ci hanno originati e spinti ad essere quello che siamo in qualche modo è la ragione dell’incapacità ormai endemica di proporre un mondo altro dal potere … se non ci crediamo noi, cercando strutture preconfezionate e modulazioni più giuste del potere medesimo, in cui farci contenere, perchè mai dovrebbero quelli con cui ne parliamo?

PHOTO BRUSA