di Ornella Mallo                                                                                            04/01/2020

Noi siamo fatti tutti di pezzetti, e di una tessitura così uniforme e bizzarra che ogni pezzo, ogni momento va per conto suo. E c’è altrettanta differenza fra noi e noi stessi che fra noi e gli altri.

Michel De Montaigne, Essais, vol.II, 1

Innaffiata dalla luna, appare bianca, uniforme, senza tutti quei contrasti così imperiosi di giorno. Assenti le arcate a rilievo color del tufo e le porte, chiuse, nottetempo. Sempre aperte, durante il giorno, lasciano intravedere la statua della Madonna Addolorata, il cui vestito nero accentua il volto straziato; ai suoi piedi, la bara con il Cristo morto, dal corpo devastato dalla barbarie degli uomini. Ben presenti le scale: larghe, distese, cosparse di ciottoli levigati dal mare, il cui colore vira dal bianco candido al nero, assumendone gradualmente tutte le sfumature intermedie. La mescolanza del bianco e del nero porta a miscellanee infinite; lo stesso succede nell’uomo, uno e molteplice, in cui, spesso, appare indistinto il confine tra vizio e virtù, tra grazia e peccato, tra sacro e profano. La varietà dei loro colori s’impone prepotentemente allo sguardo anche di notte, e contrasta col biancore della Chiesa di S.Maria di Monserrato, che invece sembra un velo di seta, tenuto ben teso dai rami degli alberi che si stringono affettuosamente ai suoi lati. Dall’alto, il timido campanile, silenziosamente domina la scena, insieme alla Croce di Cristo, al centro della balaustra, sul tetto. Un bel viso, due occhi azzurri come il cielo, capelli arruffati, il maestro Aldo arriva da lontano a passo lento. Ha lo sguardo un po’ sognante. Indossa jeans sdruciti , un maglione blu oltre misura per il suo corpo esile e intorno al collo una sciarpa rossa . Si ferma al centro della strada , incerto guarda l’ orologio, non sa se tornare al più presto a casa, data la tarda ora, o invece fermarsi al bar di fronte, in modo da continuare a guardare lo spettacolo della Chiesa, così affascinante nella sua irrealtà. Il vento di tramontana soffia gelido, senza sosta, e Aldo si ripara nel bar. Chiederò dei cornetti caldi … – pensa. Affretta il passo, intravedendo al suo interno un uomo anziano, dalla barba bianca. Sembra Hemingway,- dice fra sé e sé. Ha un aspetto elegante, il vestiario curato fin nei minimi particolari, tipico di chi è stato sarto. Il suo pile è rosso, in pendant con i lacci delle scarpe, scelti apposta per colorare una vita ormai grigia, scandita dal ritmo dei farmaci che è costretto ad assumere. Lo chiamano Renato, mentre racconta con arguzia della sua presenza a New York nel giorno della caduta delle Torri Gemelle. Eh, se non avessi questi seri problemi alle gambe stanche, sarei proprio un giovanotto, nonostante i miei 85 anni d’età. – E punta, sull’avventore appena arrivato, uno sguardo curioso, annacquato dai

​veli di cataratta, che impietosi scendono ad offuscare la vista.- Vedi? Da quando ho assistito al crollo delle Torri Gemelle, non faccio altro che inseguire la Bellezza. – gli dice. – Accompagnato dal mio fido badante, non perdo una sola alba o un solo tramonto. Anche quando è inverno, mi faccio portare con la macchina sulla riva del mare di Mondello. Lo guardo dal finestrino, per non prendere freddo. D’estate, invece, cammino con questi piedi deformi immersi nell’acqua, sulla battigia. Mi piace sentire il fresco del mare. E la notte, quando c’è il plenilunio, mi faccio portare qui, a piazza Croci: e osservo questa Chiesa incorporea, disegnata da un pittore puntinista: tanti puntini di luna, l’uno accanto all’altro, in modo uniforme. E mi sembra di vedere, sospesa tra quegli alberi, la mia vecchiaia. Placida, in fondo. Le tempeste della gioventù, quei turbinii di sentimenti che fanno di noi tanti frammenti, tutti in contrasto tra loro, nella vecchiaia vengono meno. Torniamo candidi come bambini: senza malizia, senza peccato. Inermi, in balìa di chi ci è accanto, aspettiamo la morte: arriva a passo sempre più lento, purtroppo. Si dice che la medicina abbia allungato la vita. No: dilata la vecchiaia, e con essa la nostra agonia … Certe volte invidio Hemingway: ha avuto il coraggio di dare un taglio, lui, a tutto questo. Guardo rabbioso i miei figli, che m’impongono tutte queste medicine, che mi permettono di guarire temporaneamente, per poi riammalarmi  … Aldo lo ferma: – Ti aspetta una nuova vita … Una vita in Dio, nell’aldilà … Chi pensi abbia creato tutta la bellezza, che non c’è giorno che non insegui? Chi le albe, i tramonti? Chi irradia della sua luce la luna? Renato lo guarda, sornione. Poi abbassa gli occhi, mentre lenta gli scende una lacrima. – Potrebbe essere il nostro oppio, la religione, come fonte di Verità … – Alza di nuovo lo sguardo: – Intanto bevo della vita tutto ciò che posso: la sua bellezza, quei momenti di quiete, tanto più belli quanto più brevi, anzi resi immortali dalla loro mortalità. E mi dico che troverò pace soltanto quando morirò. Anche se ho tanta paura, Aldo: paura di morire. Non ci si sazia mai di vita. Se ne ha sempre sete … – Gli afferra la mano, con prepotenza: – Oggi ho meno dolore. Sarà questo spettacolo, è come un’anestesia … Lo senti il silenzio? – Aldo paga due cornetti alla cassa. Turbato va via, senza neppure salutare.