Conservo nella mia libreria uno dei tanti romanzi di Andrea Camilleri. Oggi stringerlo tra le mani e sfogliarlo, mi dà una sensazione di un’eco lontana: il maestro siciliano non c’è più.

Ci ha lasciati stamattina. È morto a Roma all’età di 93 anni.

Era il 1994 quando consegnò a Sellerio il suo primo romanzo “La Forma dell’Acqua” della serie di indagini del commissario Montalbano. Da quel giorno ne ha pubblicati trenta.

Poi la vista lo ha abbandonato e grazie alla sua fedele assistente Valentina Alferj, continuava a dare vita ai suoi personaggi. Eppure da quando era diventato cieco i suoi sogni erano tutti a colori, come se gridassero, come se il sogno gli regalasse la ricompensa per il buio a cui era costretto nella realtà. Pensava in siciliano ed è stata questa la chiave del suo successo.

Di recente, aveva avuto un grande successo anche salendo sul palcoscenico del Teatro Greco di Siracusa, dove aveva impersonato Tiresia, l’indovino tebano cieco, che compare nell’Odissea e che indica a Ulisse la via del ritorno.

In questi ultimi giorni, prima che il suo cuore gli facesse uno scherzo beffardo, stava preparando il debutto alle antiche Terme di Caracalla per regalare al suo amato pubblico lo spettacolo Autodifesa di Caino.

Tra i ricordi più belli, non c’erano solo le sue pagine impresse di inchiostro, che narrano di personaggi macchiati di giallo, ma lo scrittore diceva che era il giorno del suo matrimonio.

E poi diceva il maestro, nato a Porto Empedocle il 6 settembre 1925, che “la felicità è nelle cose ridicole. Per me non ha motivazioni, non ne ha mai avute, per me è fatta di cose ridicole…” come “aprire la finestra al mattino, sentire l’aria fresca, guardare fuori. Alzarsi presto, aspettare che tutta la casa prendesse vita, sapere che dopo un po’ si sarebbero alzate le persone a me più care e che presto ci sarebbero state le loro voci intorno a me. E che poi avrei iniziato a scrivere.”

Questa per lo scrittore era la felicità.

Avrei voluto consegnare ai lettori una storia a lieto fine, ma oggi Camilleri non ce l’ha fatta, sarebbe stato bello un suo risveglio, ma ha preferito continuare a sognare, in un mondo fatto di colori che gridano.

Serena Marotta