di Fulvio Fisicaro Palermo, 28 ottobre 2021
L’iter parlamentare del Ddl Zan “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” si è fermato al Senato. Presentato alla Camera dei Deputati il 2 maggio 2018, era stato assegnato alla Commissione Giustizia in sede referente il 7 ottobre 2019; terminato l’esame, era passato alla discussione in Assemblea il 3 agosto 2020 e approvato il 4 novembre successivo. Approdato al Senato, era stato assegnato alla Commissione permanente Giustizia il 5 novembre 2020 e assoggettato ai pareri delle Commissioni Affari Costituzionali, Bilancio, Pubblica Istruzione e Lavoro. Lo scorso 27 luglio 2021 i Senatori Calderoli (Lega) e La Russa (Fratelli d’Italia) hanno presentato proposta di non passaggio all’esame degli articoli; con la votazione di ieri, il Senato ha approvato la richiesta dei partiti di destra con 154 voti a favore, 131 contrari e 2 astenuti. Adesso l’iter dovrà ripartire dalla Camera dei Deputati, ma il testo del Ddl non potrà essere lo stesso. Ne parliamo con l’avvocato Eleonora Russo, specializzata in diritti della persona e della famiglia, consigliere direttivo dell’Arcigay di Catania, associata a Rete Lenford, quest’ultima partecipata da avvocati e magistrati di tutta Italia, la cui attività è volta alla tutela giudiziaria delle discriminazioni e dei diritti delle persone LGBT. Qual è la sua prima reazione personale e politica? “Grande dolore. L’accusa mossa alla sinistra e al PD di non aver cercato la mediazione sul testo è dal mio punto di vista inaccettabile: non è possibile mediare sui diritti civili. Si può mediare su ricchezza, tasse, leggi di bilancio; ma non sui diritti delle persone. Il tentativo di mediazione che proponeva la destra in realtà celava la voglia di togliere tutele e non di trovare punti d’incontro. Non accettare discussioni su alcune parti di questo Ddl era necessario: bisognava restare fermi e granitici, perché erano in discussione punti sensibili e centrali nella tutela che ci si prefissava di ottenere.” Su quali parti del Ddl non si è trovato l’accordo? “La prima parte del Ddl osteggiata sino all’ultimo è stata l’articolo 1, con il riferimento alla definizione di identità di genere, che riguarda la percezione che ciascun individuo ha del proprio sesso e del proprio genere: ha rappresentato un problema nella comprensione di ciò che si andava a tutelare. In Italia, le persone transessuali, in ragione del fatto che sentono di appartenere ad un genere diverso, hanno la possibilità di cambiare sesso: quindi l’identità di genere non è un concetto