Sono arrivati a tredici gli indagati  per le “firme night” dei Cinque Stelle nostrani, ma sembra che l’elenco possa ancora allungarsi. Coinvolti nell’inchiesta delle false firme per le elezioni comunali del 2012 anche il marito dell’onorevole Loredana Lupo,  Riccardo Ricciardi, praticamente  colui che allora si occupò di consegnare all’ufficio comunale quelle ricopiate. Al pari della moglie, il marito di Claudia Mannino, indagato in questa vicenda dai contorni ormai chiarissimi, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Indagati pure il cancelliere del tribunale di Palermo che autenticò le firme, l’avv. Scarpello, e l’ex attivista Francesco Menallo. Oltre a Nuti e alla Mannino, l’altra deputata nazionale che segue la stessa sorte dei suoi colleghi è Giulia Di Vita. I primi due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, mentre la terza non ha ancora fatto sapere se intende collaborare o meno con i magistrati.

Di contro,  notizia comunicata alle ore 22, 37 di ieri dal blog di Grillo, proprio il 28 novembre i probiviri hanno comunicato la sospensione cautelare per lesiva immagine del movimento per non avere ottemperato all’appello del garante che aveva chiesto una auto sospensione a tutela dei 5 Stelle. Questo, non appena si è venuti a conoscenza di un’indagine diretta agli onorevoli Mannino, Nuti e Di Vita e all’attivista della prima ora Samantha Busalacchi.

cinque-stelle-3Soltanto i due deputati regionali coinvolti, Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, hanno deciso di autosospendersi e di fornire un contributo alle indagini relative all’inchiesta, riaperta dopo le che le Iene avevano denunciato il fattaccio.

Altro fatto di rilevanza importante è che il gruppo grillino all’Assemblea Regionale Siciliana nei giorni scorsi ha deciso di allontanare l’assistente parlamentare e candidata a sindaco, Samantha Busalacchi, principale indiziata assieme alla Mannino in quanto amanuensi della notte del ricopio delle firme.

Certamente il problema “firme night” comincia a farsi serio  dentro il movimento. E’ del resto inutile nasconderlo. C’è ora chi preme per l’espulsione dei tre nazionali indagati, per non vedere ingigantire il problema diventato ormai politico, dandogli una dimensione più accettabile e coerente con i principi grillini. La questione è che, se in questo momento si dovesse andare alle elezioni soprattutto qui in Sicilia, il numero di voti a favore dei Cinque Stelle potrebbe uscire dalle urne abbastanza ridimensionato. E i vertici dei “5 five” lo capiscono perfettamente.

Sanno che questa storia verrebbe strumentalizzata a fini politico-elettorali e ciò li tiene sulla graticola, come anche che il colpo di spugna rappresentato dall’ espulsione degli indagati non potrebbe che fare del bene al movimento in termini di credibilità. In caso contrario, non avrebbero scuse nei confronti dei propri elettori, dal momento che la distorta coerenza e la sua applicazione a fasi di convenienza, potrebbe inesorabilmente innescare la parabola discendente dei penta stellati.

Intanto, i pm che hanno in carico l’inchiesta hanno già convocato oltre quattrocento firmatari, buona parte dei quali ha disconosciuto la paternità della propria firma. Tutto questo mettendo in imbarazzo sempre di più i grillini nazionali, anche perché una storia analoga è venuta fuori nella città di Bologna e i principali accusatori, Stefano Adani e Paolo Pasquini, dopo una serie di minacce sui social sono stati posti sotto tutela da parte dei Carabinieri. Aspettando l’evolversi delle situazioni, il M5S continua il suo tour anti-referendum assieme ai suoi vertici, col magone delle inchieste di Palermo e Bologna e al sussurro di “onestà onestà onestà“.

Liborio Martorana