Cara Ilaria,

vorrei raccontarti oggi un mondo migliore ma oggi – più di ieri –  probabilmente – non sapremo la verità. In questi giorni scadrà il termine dei sei mesi dati alla Procura di Roma per indagare sulla tua morte. Oggi stiamo combattendo una battaglia contro un virus invisibile che sta divorando la gente. Siamo costretti all’isolamento. Sono passati 26 anni da quel terribile 20 marzo 1994, che ti ha portato via. Oggi, cara Ilaria, I tuoi genitori, Giorgio e Luciana, ti stanno accanto in cielo, grazie a loro l’inchiesta non è stata archiviata. Oggi possiamo intraprendere solo una battaglia virtuale, non possiamo scendere in piazza.

Il tuo lavoro, i tuoi sacrifici saranno sepolti come la tua vita per sempre? Cara Ilaria #noinonarchiviamo  #ilariaalpi

 

Ilaria Alpi era nata a Roma il 24 maggio del 1961. Era una donna semplice, determinata. Una donna che amava il suo lavoro, la vita. Una donna che sognava un giorno di farsi una famiglia. Era figlia unica perché all’età di quattro anni Luciana partorì una coppia di gemelli che morirono il giorno successivo. Era la studentessa universitaria che durante la pausa estiva per non gravare sulle spalle dei genitori andava a pulire acciughe in un ristorante. Subito dopo la laurea partì per il Cairo come corrispondente di Paese sera e l’Unità e altri giornali. Si era specializzata nella lingua araba. Poi nel 1990 vinse il concorso in Rai. Da lì iniziarono i suoi viaggi in Somalia. Quello del ’94 era il suo settimo viaggio. L’anno prima lì aveva conosciuto un fotoreporter australiano e si erano innamorati. Lui lavorava a Roma quindi la loro relazione continuò anche dopo a Roma sino a quando non fu trasferito a Parigi e si lasciarono. Era una donna, era una giornalista, inviata del Tg3.

Il colpevole, anzi no

A Perugia si è concluso nel 2017 il processo di revisione e Hashi Homar Hassan è stato scagionato per non aver commesso il fatto. Hashi ha scontato in carcere da innocente 17 anni.

Bisognava dare alla famiglia un colpevole e non il colpevole. Così, con l’inganno Hashi, è stato portato in Italia per testimoniare sulle presunte violenze subite da un gruppo di somali dai militari italiani. Hashi è stato accusato di duplice omicidio dall’autista della Alpi perché Gelle, il testimone chiave, nel frattempo si era reso irreperibile. Sparisce nel nulla. Saranno i giornalisti di “Chi l’ha visto?” a trovarlo e lui ritratterà tutto, affermando di aver accusato Hashi perché è stata promessa in cambio una somma di denaro da un’autorità italiana.

I genitori di Ilaria non hanno mai creduto nella sua colpevolezza. Già durante il processo di primo grado che si è tenuto nel ’99 e dove sono stati ascoltati 257 testimoni. Gli Alpi lo avevano definito un processo farsa.

La verità è che il 20 marzo 1994 giorno dell’assassinio di Ilaria e Miran si perde il senso di giustizia.

La pista sul movente

Ci sono voluti anni affinché si arrivasse a delineare una pista precisa sul movente. Nel 2007 infatti il gip scrive che l’omicidio di Ilaria e Miran è stata un’esecuzione per impedirgli di portare a conoscenza dell’opinione pubblica i traffici illeciti che avevano scoperto e che avvenivano tra l’Italia e la Somalia.

Tesi diversa da quella a cui arriva la commissione parlamentare d’inchiesta che è stata istituita dieci anni dopo l’omicidio di Mogadiscio. Secondo la commissione presieduta da Carlo Taormina si è trattato di un sequestro finito male. Conclusione a cui la commissione arriva dopo due anni di lavori. Tesi che non è stata condivisa da tutti i membri della commissione tanto che alla fine dei lavori vengono presentate tre relazioni.

L’intervista a Bogor

Riscontri che Ilaria stava seguendo la pista dei rifiuti tossici e del traffico d’ami li troviamo – oltre che nei suoi appunti – anche dalla testimonianza del sultano di Bosaso Bogor. Bogor è l’ultima persona che Ilaria intervista nel pomeriggio del 15 marzo a Bosaso. Intervista che dura tre ore, ma in Italia arriverà un girato di soli 20 minuti.

Il settimo viaggio in Somalia

Ilaria aveva voluto quel settimo viaggio. Aveva detto all’operatore Calvi che doveva concludere. Calvi era l’operatore con cui Ilaria era partita nei suoi precedenti viaggi. Ma con lei stavolta c’era Miran Hrovatin di Videoest di Trieste.

I soccorsi non arrivano

Quando avvenne il duplice omicidio, i soldati italiani si apprestavano a lasciare il paese. Nessuna delle autorità si recherà sul luogo del delitto sarà Giancarlo Marocchino, un autotrasportatore italiano a soccorrere Ilaria e Miran all’hotel Amana e a trasferire i corpi al Porto Vecchio, dove li attende la nave Garibaldi e un volo che poi farà scalo sino ad arrivare a Ciampino. Mentre i giornalisti, colleghi di Ilaria, si recheranno al Sahafi per recuperare i bagagli e gli oggetti personali di Ilaria e Miran.

Gli appunti di Ilaria

Tra gli appunti di Ilaria pervenuti in Italia, si legge in un block-notes:

SHIFCO/MUGNE/1400 MILIARDI FAI/ DOVE E’ FINITA QUESTA INGENTE MOLE DI DENARO?

Questi appunti, insieme ad altri documenti, sono stati consegnati dai genitori di Ilaria alla Commissione Bicamerale d’inchiesta sulla Cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Questa commissione che non è arrivata alla stesura di una relazione a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, aveva il compito di verificare l’uso dei fondi della Cooperazione: erano emersi dei problemi di malaffare. Tra i Paesi su cui sviluppare questa inchiesta c’era anche la Somalia, dove erano stati realizzati dei progetti:

  • La strada Garoe-Bosaso
  • I pozzi
  • Le navi della Shifco (società di navigazione il cui titolare era Mugne)

Di conseguenza la Commissione bicamerale d’inchiesta con i Paesi in via di sviluppo si è occupata anche dell’omicidio di Ilaria e Miran.

Ottobre 2019

I legali della famiglia Alpi hanno consegnato l’atto di opposizione all’archiviazione dell’indagine. Secondo gli avvocati Carlo Palermo e Giovanni D’Amati ci sarebbero spunti investigativi. I due avvocati citano tra gli altri  la sentenza di primo grado legata all’uccisione di Mauro Rostagno, all’audizione del generale Mario Mori in Commissione parlamentare, alla sentenza di Palermo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia e ad alcuni appunti della stessa Alpi e di atti desecretati nel 2014. Anche la Federazione della Stampa, l’Ordine dei giornalisti e l’Usigrai hanno depositato l’opposizione, chiedendo di rivelare la fonte confidenziale che nel 1997 aveva parlato del movente.

Per approfondire, leggi “Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi

Serena Marotta

20 marzo 2020