Tra gli eventi collaterali al XXXVI Festival Orestiadi di Gibellina e fino al 15 ottobre 2017 sarà possibile visitare la mostra di pitture e sculture di alcuni degli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Palermo – Dipartimento delle Arti Visive.

 

A29 Palermo Gibellina è una opportunità interessante per i giovani artisti che espongono le loro opere in un’ala del Complesso Architettonico di Baglio Di Stefano, sede della Fondazione Orestiadi, se si considera che il così detto Granaio di questa splendida masseria ricostruita dopo il sisma che colpì la Valle del Belice nel 1968, ospita il Museo delle Trame Mediterranee,  ricchissimo di opere artigianali e di opere d’arte, fulcro testimoniale delle culture dell’area mediterranea e punto di partenza per la rinascita dei luoghi devastati dall’infausto evento.

Padre della Fondazione creata nel 1992, Ludovico Corrao (1927-2011), politico, avvocato, mecenate, ex sindaco di Gibellina Nuova, che ha fatto della ricostruzione della cittadina una delle sue ragioni di vita con il sostegno di artisti, architetti e intellettuali d’indiscussa fama internazionale.

 

L’esposizione si annuncia già dal cortile antistante il museo con la Montagna di sale di Mimmo Paladino realizzata per le Orestiadi del 1990 come scenografia de La sposa di Messina di Friedrich Schiller. 

“Le opere presentate sono il frutto della sperimentazione continua che è presente all’interno dei laboratori dell’Accademia e del dialogo fecondo tra allievo e maestro che costituisce la cifra fondamentale del nostro ‘fare arte’” – dice il professore Mario Zito, che dirige l’Istituzione Accademica Palermitana, augurandosi una lunga e proficua collaborazione con la Fondazione ospitante l’evento.

 

Le sue parole sembrano essere accolte con entusiasmo dal Direttore del Museo delle Trame Mediterranee Enzo Fiammetta che sottolinea quanto valore possa avere quello che egli stesso definisce “un corto circuito nel progetto espositivo” rimarcando l’importanza del “continuo rapporto tra le arti, senza pretesa di classificazione tra maggiori e minori”, chiosando Achille Bonito Oliva, responsabile della sezione arti visive: “L’attività culturale della Fondazione Orestiadi di Gibellina non si risolve soltanto nella produzione di mostre e di eventi teatrali o musicali. Essa si fonda e fonda la propria strategia sullo sconfinamento e lo scambio, la conferma di una attitudine socratica che trova il proprio valore nel dialogo”.

 

 

Ibbiddina con le sue 4.028 anime, è un vero e proprio museo a cielo aperto. In ogni angolo della città è possibile scorgere le opere di tutti quegli artisti che hanno ascoltato l’invito di Corrao.

Molte opere sono esposte all’interno del Museo d’Arte Contemporanea che accoglie una delle più prestigiose collezioni permanenti – circa 1800 opere – dalla Transavanguardia italiana – Paladino, Cucchi, Germanà a Forma Uno – Consagra, Accardi, Dorazio, Turcato, ma anche Matta, Scialoja, Corpora, Isgrò, Schifano, Angeli, Boero, Alighiero Boetti, Longobardi. E ancora: Nanda Vigo, Nunzio, Bob Wilson, Rotella, Melotti, solo per citarne alcuni.

 

Dopo una ventina di chilometri Gibellina Vecchia. Lì, tra vigneti straripanti di vita, il Grande Cretto (1984-1989) di Alberto Burri che rispose all’appello del sindaco, rifiutandosi però di collocare una delle sue opere nel nuovo centro urbano: voleva “bloccare” nella memoria collettiva Gebel (dall’arabo montagna) e Zghir (piccola) cancellata e devastata dal sisma insieme alla sua gente.

Il grande cretto

Ha due anime l’atmosfera che si respira in questi luoghi: da un lato la tristezza profonda generata dal ricordo della tragedia che ancora si percepisce netta, dall’altro l’impeto di reagire con la vita, attraverso l’arte e la bellezza, alla forza distruttiva dell’inevitabile catastrofe, come si dovrebbe avere il coraggio di fare ogni qualvolta un evento sconvolgente interviene a cambiare il normale andamento della propria esistenza. Simbolo della rinascita l’enorme stella di Pietro Consagra, uno degli artisti più presenti in tutto il territorio con le sue opere frontali.

Ingresso al Belice – questo il titolo dell’opera realizzata nel 1981, non si può non vedere: con i suoi 26 metri d’altezza, splende sulla carreggiata della strada statale 188 come a voler indicare la direzione da seguire per un percorso di speranza, per certi versi disattesa però dalla desolazione e dallo stato di abbandono in cui versano alcuni degli interventi architettonici sparsi per il paese.

Dal 15 luglio scorso al 12 agosto la sede della Fondazione ospiterà come ogni anno dal 1981 l’atteso Festival internazionale. Il programma di tutti gli eventi può essere visualizzato sul sito fondazioneorestiadi.it.

 

Donatella Marotta

(18 luglio 2017)