Di Clotilde Alizzi

Quando ascoltando una trasmissione su RAI Storia sul REX, venni a sapere che la vittoria del Nastro Azzurro da parte di questa meravigliosa nave, costruita presso Cantieri Navali di Genova, avvenne nel trentennio fascista, coprendo nel minor tempo possibile la distanza transoceanica tra lo stretto di Gibilterra e NY, mi stupì che nessuno in quella trasmissione parlasse degli arredi di quella nave. Anzi ne parlarono e ne parlarono tantissimo, definendo la magnificenza della costruzione, delle classi che addirittura una seconda era paragonabile ad una prima, parlarono del servizio di piatti di bordo, della magnificenza dei saloni, ma nessuno fece un riferimento ai Cantieri Ducrot e alla Famiglia Florio. Stavo leggendo dei Florio in quei giorni, e proprio del periodo non roseo, in cui il Rex vinse il Nastro Azzurro e di come ne furono informati, Ignazio Florio e Ducrot, essendo coloro che detenevano le azioni della Ducrot, Cantieri alla Zisa di Palermo, che tanto avevano arredato in fatto di navi e dimore stupende. Avevo appena finito di leggere come per mantenere le azioni della Ducrot Ignazio Florio jr avesse ceduto le ceramiche Florio che avevano fornito i servizi delle loro navi, le famose navi della Navigazione Generale Italiana. Ente che gestiva le linee marittime in Italia e che collegava il Nuovo Mondo ma anche paesi in Oriente e l’Europa. La Compagnia fondata da Vincenzo e Ignazio Florio e che acquisendo le navi della Rubattino era divenuta di fatto alla fine dell’800 l’unica Compagnia di Navigazione Italiana e di cui Ignazio senior deteneva le azioni maggioritarie. La compagnia di Navigazione Italiana contava 100 navi e deteneva il controllo della Convenzioni con lo Stato alla navigazione e il commercio. Ignazio Florio jr, eredita tutto questo impero economico alla morte del padre Ignazio senior, senatore del regno di Italia, avvenuta nel 1891. Eredita le tonnare, la fabbrica di ceramiche, la Fonderia Oretea, le cantine di Marsala e le navi. L’impero economico conta una fortuna immensa detiene e dà lavoro a migliaia di persone, intrattiene rapporti d’affari con tutta Europa e commerci con il Nuovo Mondo, ma lui sarà capace di distruggere tutto in soli 14 anni.

Mi chiesi al di là dei motivi che portarono alla perdita di questo impero, perché furono dimenticati, perché tanto oblio su una famiglia di imprenditori siciliani che tra l’800 e il ‘900 deteneva un volume d’ affari e ricchezza pari agli Agnelli dei giorni nostri.

Dicevamo che nel 1891 muore Ignazio senior e il figlio Ignazio jr sposa nel 1893 Franca Iacona della Motta, una nobile bella, giudicata bellissima e che sarà protagonista del bel mondo e della bella Époque, di cui grazie al mecenatismo di Ignazio resteranno molti esempi nell’architettura arredamento e stile di vita nella Palermo del tempo. Molto si è chiacchierato sui regali il lusso le toilette di Donna Franca, i conti in gioielleria per coprire i regali costosi alle tanti amanti di Ignazio, alle perle di Donna Franca, ma non fu solo questo a del terminare la fine della loro fortuna.

La tesi sicilianista vuole che una serie di congiunture negative ne determinassero il tracollo. In realtà non fu solo la politica o la politica economica dei Florio a determinarne perdite ingenti fino alla rovina.

La tesi degli economisti vede l’errore nella scelta di mantenere lo stesso tenore di affari, non diversificando gli investimenti in nuovi e opportuni settori, traendo nuova linfa da nuovi utili.

Ma prima di ripercorrere le tappe che portarono alla rovina, un importante ruolo ebbe Ignazio Florio nella rinascita di Palermo come città al centro dell’Europa. Favorì molte opere pubbliche finanziandole di tasca propria, ne restano il teatro Massimo finanziato dal padre ed eseguito dal Basile padre, Giovan Battista, e completato dal figlio Ernesto Basile, con i finanziamenti di Ignazio Florio jr. E continuando nel liberty: Villa Igea, Villino Florio, gli arredi e mobilio di navi e dimore, e in altri ambiti, la costruzione dell’Ospedale Civico, la ricerca scientifica nella cura della Tubercolosi, favorendo gli studi del Professore Cervello, nuove imprese come la costruzione dei Cantieri Navali.

Gli esempi più belli nell’arte sono senza dubbio gli affreschi della sala da pranzo di Villa Igea, decorate da Ettore Di Maria Bergler Le due pareti corte esposte a levante e a ponente sono decorate la prima con Ninfee che raccolgono gigli al levar del Sole, chiamata Profumo del mattino. La seconda, detta profumo della sera, vede raffigurate Ninfe tra papaveri, il fiore di Morfeo che induce al sonno al sorgere della luna. Alla parete esposta a Nord, la Notte, il giardino delle Esperidi con 3 pavoni. Uno con la coda aperta, uno con la coda chiusa uno con la coda distesa. Simbolo di Era, divinità della Via Lattea che genera astri. La coda del pavone a indicare la volta celeste, il cielo cosmico di morte e rinascita.

A Sud la parete ospita Floralia, il giorno. Dedicata ai ludi Florales, i giochi e le feste dedicati nell’antica Roma a Flora, divinità italica della Primavera.

Ritornando ai motivi del declino dell’impero economico dei Florio bisogna ripercorrere alcune tappe fondamentali.

Dicevamo che nel 1893 Ignazio jr sposa Franca Florio Jacona, una nobile che non navigava nell’oro ma cui non è mancato nulla grazie alle ipoteche che il padre otteneva dei propri possedimenti. Inizia una stagione di fasti, cui la bella mogie diventa la regista e la più preziosa protagonista. Nell’immediatezza della luna di miele Ignazio dovrà affrontare il primo dei problemi che riguarderanno il suo impero economico: il rinnovo delle Convenzioni con lo stato per la Navigazione Generale Italiana, la flotta di vapori e navi che assicurano le comunicazioni con l’America e altri Paesi europei, con l’Africa e il Medio Oriente. Giolitti al governo desidera un riammodernamento delle navi prima di riaffidare alla NGI la gestione delle Convenzioni. I disordini tra i lavoratori che si generano a Palermo, cavalcati dallo stesso Ignazio che intanto genera malcontento contro il governo dalle pagine del suo giornale: L’Ora, inducono Giolitti a cedere. Le Convenzioni verranno rinnovate, ma ad un prezzo altissimo: rimodernare le navi.

Altra tappa fondamentale è la rimozione dalla Presidenza della NGI di Laganà, e mettere al suo posto Erasmo Piaggio, un genovese figlio dello stesso Piaggio che in passato il padre Ignazio aveva salvato dalla bancarotta intervenendo con risorse proprie. Piaggio minerà dall’interno favorendo i cantieri navali di Genova e Livorno per la rimessa e riparazione delle navi.

Altro errore madornale è l’investimento, incoraggiato da promesse sovvenzioni dello Stato, nella costruzione del Cantiere Navale di Palermo. Si sobbarcherà così in spese immense con sovvenzioni che la burocrazia tarderà a far arrivare, esponendosi in prima persona per un capitale immenso.

Ma al di là degli investimenti e liquidità perse, l’errore fondamentale nella politica economica è non avere la lungimiranza di tentare nuove strade. Percorrere e inseguire nuove fonti di reddito in uno Stato e nell’Europa che cambiava. Non prestò attenzione alle comunicazioni e all’elettricità, alle telecomunicazioni che muovevano i primi passi. E se i commerci e la produzione hanno bisogno di mezzi di comunicazioni, certamente le merci venivano spostate con la ferrovia e non più per mare.

Gli sprechi e i lussi da soli non potevano impoverirli, fu altro come già detto che ne determinò il tracollo. Persistere in un sogno come in una bolla che li allontanò dalla realtà, continuando a fare spese pazzesche malgrado i debiti, le amanti di Ignazio e i conti presso le gioiellerie. Gli inviti regali a mezzo mondo coronato, le prime al Teatro Massimo.

Di certo hanno permesso con il mecenatismo lo sviluppo di arte sia pittorica che di architettonica, regalando a Palermo una era felicissima per le tante opere del liberty sia nelle arti che negli arredi della Ducrot e fonderia Oretea.

La bellissima frase incisa sul prospetto del Teatro Massimo: L’Arte rinnova i popoli e ne rivela la Vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparare l’avvenire. Frase voluta da Ignazio che tuttavia per il suo diletto non preparò l’avvenire. Alle scelte infelici si sommarono i lutti che lo privarono dell’erede Baby Boy, l’erede per cui lottare.

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