Recensione di Ornella Mallo 12/12/2021

Il film “Scompartimento n.6” racconta un viaggio in treno, che apparentemente ha solo lo scopo di trasportare, sulla transiberiana, un uomo e una donna che fino a quel momento non si conoscevano da Mosca a Murmansk. Quest’ultima è la più grande città del mondo posta a Nord del Circolo Polare Artico, e i due personaggi la vogliono raggiungere per ragioni diverse: Laura, studentessa finlandese di archeologia, interpretata dall’attrice Seidi Haarla, va lì alla scoperta dei petroglifi, antichissime pitture rupestri; invece Ljhoa, minatore russo, interpretato dall’attore russo Jurij Borisov, vi si reca per ragioni di lavoro. Nella realtà, il viaggio si rivelerà un percorso di tipo esistenziale, che condurrà i due protagonisti non solo alla scoperta di se stessi, ma anche alla rivelazione di come sia naturale guardare dentro di sé servendosi degli occhi dell’altro, e soprattutto di come sia condivisa la necessità di un sentimento, da cui scaturisca un rapporto umano nel senso pieno e autentico del termine. Per cui, definire “Scompartimento n. 6” un film d’amore, significa banalizzarlo e svilirlo, perché è molto di più. Il bravissimo regista finlandese Juho Kuosawa racconta di essere stato molto colpito dal romanzo di Rosa Liksom cui il film si ispira, perché in esso vengono affrontati i temi della vita e della morte; della finitezza della vita, che porta a una valorizzazione della libertà, perché “si è liberi solo nelle limitazioni” ; e di come il destino, rappresentato dal carattere coatto del viaggio in treno, il cui tragitto è obbligato, giochi un suo importante ruolo negli incontri tra le persone, e nel verificarsi degli eventi che scandiscono la nostra storia. Quando si comincia un viaggio, si lascia alle spalle, in qualche modo, tutto ciò che si è vissuto prima, e la vita, in ogni caso, cambia. E’ poi affrontato sicuramente il tema dell’importanza della conoscenza del nostro passato, per capire con esattezza la nostra identità di oggi. Ecco perché la studentessa è così affascinata dai petroglifi. Ma non solo. E’ interessante come, all’inizio del film, venga riportata una citazione di Marilyn Monroe, che dice: “Solo alcune parti di noi possono entrare in contatto con gli altri, e solo con alcune parti degli altri”. Ecco, questa frase riassume il film, perché, alla fine del viaggio, le situazioni sentimentali con cui sono partiti i protagonisti saranno superate, e tra i due, pur diversissimi, nascerà un rapporto sentimentale basato sull’intersezione delle parti combacianti dei loro caratteri. Da un incontro casuale, quindi, nascerà una storia d’amore. In un’intervista, così dichiara il regista: “ Wim Wenders diceva che sesso e violenza non gli erano mai appartenuti, che lui preferisce Sax e violini. E io non sono in realtà interessato a queste cose. Soprattutto non mi interessa il sassofono. Quello che realmente mi interessava erano i sentimenti che vanno oltre la tensione sessuale. Le storie di amore romantico sono spesso troppo limitate, si innamorano? Se sì, quando fanno sesso? Questo tipo di narrazione ha più a che vedere con l’abusare del voyeurismo degli spettatori, fa vendere i biglietti, ma è realmente interessante? Non mi interessa veramente chi fa sesso con chi, non sono affari miei. A me interessano quei sentimenti complicati alla base di vari tipi di rapporti. Mi piacerebbe capire perché proviamo i sentimenti in questo modo. Se c’è di mezzo il sesso, okay, ma non è questo il posto dove collocare la macchina da presa. Per me questa storia riguarda molto il legame e credo che Laura e Ljoha condividano qualcosa di più profondo di un bisogno sessuale. Sono più come fratelli che si sono persi da tempo, mi piace pensare che condividono gli stessi sentimenti inespressi. E’ più come avere lo stesso tipo di infanzia piuttosto che la stessa idea della politica o altro. Hanno un legame a livello emotivo, non perché condividono elementi culturali.” Non è casuale che Laura, quando Ljoha le chiede come si dice “Ti amo” in finlandese, risponderà ironicamente “vaffanculo”, facendogli credere che questa sia la traduzione. In fondo, il “ti amo” e il “vaffanculo” non sono che le due facce della stessa medaglia, in un rapporto dinamico come quello amoroso.

Laura all’inizio del film è fidanzata con Irina, professoressa universitaria: il viaggio era stato concepito dalle due donne per collaudare, se non rinforzare, il loro legame. Irina improvvisamente decide di non partire, e il viaggio servirà alla studentessa per scoprire la verità del loro rapporto: un rapporto in cui Irina non era sicuramente innamorata di Laura, ma la usava per il proprio piacere, tanto che, nelle telefonate che la studentessa le fa durante il viaggio, la professoressa si rivela sempre fredda e disinteressata; e Laura, distaccandosene, capisce di non innamorata di Irina, ma dei suoi contorni: il suo ambiente sociale, la casa, gli agi, e il modo in cui la guarda. Arriva a stupirsi di non sentire affatto la mancanza della sua persona. Diventa invece sempre più forte il legame con Ljoha che, pur umile e poverissimo, rozzo e ignorante, le offrirà qualcosa che Irina non le aveva mai dato: l’affetto sincero, che si traduce in accudimento. Le starà accanto, non solo durante il viaggio, ma anche una volta arrivati a destinazione, e la aiuterà a trovare i petroglifi, cui però, la protagonista non sarà più tanto interessata. Rimarrà affascinata dalla natura impervia, selvaggia, che si manifesta in tutta la sua ostilità attraverso la bufera in cui i due resteranno coinvolti, e, ancora una volta, si supporteranno vicendevolmente. Quindi, il messaggio è chiaro: in contrasto a una classe benestante, agiata, in cui si affievolisce l’autenticità in favore dell’apparenza, nella società si rileva una realtà semplice, umile, fatta di valori veri. Ed è lì che si possono trovare i sentimenti che rendono l’uomo tale. Il film è sicuramente intimista e non corale: il regista accompagna, senza sovrastarla, la recitazione dei due attori, bravissimi nel raccontare, nelle più intime sfumature, i caratteri dei protagonisti. Juho Kuosmanen si rivela una giovane promessa del cinema: meritatissimo il Grand Prix della giuria, conseguito a Cannes come miglior film. La storia si colloca nel lasso di tempo compreso tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta. La ricostruzione delle ambientazioni è perfettamente fedele a quei tempi.

La fotografia è della italiana Alice Rohrwacher. Il film è stato prima girato in pellicola, e poi trasferito in digitale, per mantenere le tonalità che solo la pellicola possiede. Dai finestrini si ammirano i paesaggi bellissimi della Russia, “in cui tutto è in movimento, neve, acqua, aria, alberi, nuvole, vento, città, villaggi, persone e pensieri.” (citazione tratta dal libro di Rosa Liksom). La natura della Siberia, così fredda, coperta di ghiaccio, quasi invita i due protagonisti a cercare calore nell’intimità che s’instaura tra loro. Poetico il finale. Da vedere. Ornella Mallo