Eppure sembrava che non avesse speranze, che nessuno avrebbe scommesso sul magnate newyorkese che dell’anti politica ha fatto il suo cavallo di battaglia.

Per la verità, il Tycoon ci aveva già abituati alle rimonte inaspettate, costellando la sua campagna elettorale di gaffes, spazianti dal sessismo al razzismo passando per le improbabili proposte di recinzione dei confini. Ma, quando perse per la seconda volta, il confronto elettorale televisivo con la sua rivale democratica Hillary Clinton, in molti si dissero pronti a darlo per spacciato.

Non ha mai avuto l’appoggio (e, quindi, l’influenza) del suo partito, definendosi sin dall’inizio quasi come un candidato autonomo, che però ha saputo parlare agli elettori dicendo loro ciò che volevano sentirsi dire; elevandoli e dando alla classe media soprattutto l’orgoglio perso durante la crisi economica del 2008.

Ha assecondato le paure più istintuali, trovato il classico capro espiatorio negli immigrati e incolpato la “vecchia“ politica dei fallimenti in economia e in politica estera. Con una retorica di questo tipo, Donald Trump ha dimostrato di avere l’occhio sensibilmente più lungo dei suoi avversari politici, ha saputo così colmare gli scivoloni, la carenza di mordente nei confronti diretti con Hillary e i vari scandali (piccoli e non) che lo hanno rallentato in campagna elettorale. Rallentato, ma non fermato.

L’8 Novembre il mondo ha accolto l’inatteso, il Tycoon ha vinto il confronto fra i grandi elettori sorprendendo tutti. Ciò che risulta interessante, ora come ora, non sono tanto le ripercussioni in politica interna che l’elezione di Trump provocherà, quanto più i possibili scenari in politica estera che l’inaspettata elezione potrà generare.

Per l’Europa, per la Cina, per la Siria e per la Russia si stagliano all’orizzonte scenari probabilmente difficili da prevedere e da cogliere nelle loro sfaccettature. Sappiamo per certo che Trump vuole imbastire rapporti costruttivi con la Russia di Vladimir Putin, al contrario di quanto lasciasse intendere la retorica della democratica Clinton. Sappiamo anche che, per Trump, mantenere Assad al potere in Siria sia la soluzione più ovvia per comporre la situazione nella regione e potersi concentrare sull’offensiva verso il califfato. In più, ora come ora, è logico pensare che l’elezione del repubblicano possa favorire la via verso una soluzione alla questione Ucraina (in campagna elettorale Trump sostenne di voler riconoscere la Crimea russa).

Per quanto riguarda l’Europa, il Tycoon si è sempre mostrato molto scettico sia sul ruolo della NATO (che in effetti, finita la guerra fredda, ha perso parte dei motivi per cui si reggeva in piedi) sia sul ruolo di protezione che gli Stati Uniti hanno svolto in Europa dalla seconda metà del ‘900 ad oggi. L’Europa ora deve difendersi da sola, questa la nuova retorica di Washington, il che a un occhio poco attento può quasi sembrare come una dichiarazione di semi indipendenza. Il punto è che su di essa aleggia ancora lo spettro della NATO che richiede a ogni stato membro una spesa militare pari al 2% del PIL.

Così, se Washington dovesse realmente smobilitare le sue truppe dislocate in Europa (soprattutto quelle in Europa dell’est come deterrente per i russi), come si adeguerebbe la NATO? Una possibilità potrebbe essere l’aumento richiesto agli stati membri per le spese militari, con tutte le ripercussioni ben immaginabili sui sistemi di Welfare.

In parallelo, la reazione della seconda potenza economica mondiale, la Cina, non si è fatta attendere. Il presidente cinese, Xi Jinping, infatti, ha telefonato a Donald Trump congratulandosi per la vittoria politica e auspicando proficue relazioni per entrambi i paesi; telefonata che suona quasi come un avvertimento, a fronte delle posizioni assunte dal miliardario di New York, in campagna elettorale, contro la Cina.

Per adesso solo speculazioni. Attendiamo di vedere come si comporterà Trump una volta insediato alla Casa Bianca. Di certo le ultimissime dichiarazioni in materia di immigrati e confine col Messico (seppur con toni più tenui di quelli tenuti durante la campagna elettorale) lasciano intendere che il neo eletto presidente intenda assecondare quasi ogni parola di quanto annunciato.

Fabrizio Tralongo