Tommaso Gioietta

 

Nella tela della vita, che si dipinge di tanti colori, talvolta gli scuri prevalgono sui chiari o non si ha la forza di dipingere niente, e non solo perché non si ha l’ispirazione. Spesso, quell’equilibrio che ci permette di condurre un’esistenza felice viene a mancare e, a seguito di una estrema solitudine, che è propria di chi si sente solo anche quando non lo è, si può rifiutare di vivere quella vita che fa tanto soffrire e che risulta svuotata di senso, attraverso una fuga silenziosa che si chiama suicidio. La morte può diventare un’alternativa ad un’esistenza dolorosa e infinitamente insopportabile e per questo una sconfitta a livello individuale ma soprattutto sociale.

L’apprendere di un suicidio o il solo pensiero di esso scatena in ognuno di noi uno sconvolgimento interiore che ci sconforta, rimanendo smarriti nel silenzio più totale.

Chiunque può mettere fine alla propria vita ed il suicidio è stato da sempre praticato in tutte le società; cambiano le epoche storiche, le abitudini ma i sentimenti umani restano per lo più invariati. L’amore, l’odio, la passione non risentono di mode e stereotipi, sono dentro di noi ed aspettano solo di poter essere espressi, di esplodere. Spesso si è soli fra le mura di case sempre più confortevoli, soli fra i modelli di perfezione e giovinezza che ci propinano tutti i media, soli in un mondo dove c’è sempre meno spazio per l’ascolto, la tristezza, la compassione, la comprensione degli altri.

La società sta affrontando un momento di transizione, non ci riconosciamo più in quelli che erano i modelli dei nostri genitori, nei vecchi valori, ma non siamo ancora scevri da conformismi. Il nostro passato va ancora a rilento mentre quello che ruota intorno a noi corre sempre più velocemente e così non ci si sente adeguati a tutto ciò che sta attorno.

Molti suicidi possono essere simili, per quanto riguarda il mezzo o il modo utilizzato per togliersi la vita, ma nessun suicidio è identico a un altro in quanto nessun uomo lo è.

Il suicidio rappresenta, ovunque nel mondo, una tra le dieci cause più frequenti di morte e i suoi aspetti più inquietanti consistono nell’ubiquitarietà e nella trasversalità socio-geografica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima circa un milione di suicidi ogni anno nel mondo, cioè l’equivale di più di due suicidi al minuto e un tentativo di suicidio ogni 3 secondi.

Nei paesi occidentali il suicidio rappresenta almeno l’1,8 % di tutti i decessi e costituisce per i giovani la seconda-terza causa di morte, superata soltanto dagli incidenti automobilistici, dagli omicidi o dal cancro, secondo i diversi paesi. In Italia si contano circa 4000 suicidi l’anno, come se un piccolo comune scomparisse completamente.

Nonostante il rischio di suicidio sia considerato più alto fra la popolazione adulta di sesso maschile, molti epidemiologi concordano nel ritenere che la crescita costante di casi di suicidio in adolescenza abbia raggiunto dei livelli tali da far dedurre che questa fascia d’età è quella a maggiore rischio in almeno un terzo delle nazioni.

Il suicidio è lo scegliere consapevolmente di mettere fine alla propria esistenza, avvalendosi di tutti i mezzi possibili per cui ciò possa avvenire. Non sempre, dopo un suicidio, si va incontro alla morte, perché ci sono casi di suicidio mancato in cui il soggetto sopravvive per cause fortuite ed imprevedibili ma in cui l’intento di morte è molto elevato. Differente è il caso del tentato suicidio dove l’intenzione di autosoppressione è bassa e quindi il gesto vuole essere per lo più dimostrativo. Solitamente in questi casi i mezzi utilizzati sono poco letali e il soggetto che tenta il suicidio sa di poter essere salvato. Si può definire suicidario quel soggetto che non ritiene possibile che ciò che sta attraversando possa continuare ad essere vissuto e che quindi premedita il suicidio.

Il suicidio è sempre una comunicazione di un malessere e può esprimersi in vari modi, ad esempio come: una protesta contro la società, una via di fuga da un’esperienza che sembra non avere soluzioni o altre vie di uscita, desiderio di espiazione per colpe sentite come intollerabili, sentimenti di vergogna vissuti come persecuzione e quindi insopportabili, bisogno d’affetto, ricatto per ottenere qualcosa, una forma di vendetta nei confronti di coloro che hanno fatto soffrire il soggetto suicida rendendogli la vita insopportabile e piena di rimorsi, affermazione di sé, liberazione da una sofferenza fisica o mentale, risposta al lutto di una persona che vuole ricongiungersi in morte ad un caro deceduto, problemi esistenziali.

Tutti gli studi a livello internazionale concordano sul fatto che un soggetto che non porta a termine un suicidio avrà in seguito maggiori probabilità di attuarlo, portandolo a termine, rispetto a coloro che non lo hanno mai tentato.

Spesso si hanno dei pregiudizi nei confronti del suicidio e si tende a cadere in equivoci ed esemplificazioni. Tutto ciò serve in un qualche modo a prendere le distanze da un evento che fa inorridire e che lascia spiazzati; altre volte, i luoghi comuni ci difendono da stati d’ansia e d’angoscia. Uno dei luoghi comuni più diffuso è quello di pensare che il suicidio sia imprevedibile e che chi vuole suicidarsi non lasci trapelare nulla di quello che è il suo pensiero. In realtà, il suicidio non cade mai dal cielo, tranne che in rari casi, ma al contrario è un atto pensato, preparato e preceduto da segnali e messaggi, diretti e indiretti, che dovrebbero essere colti dai familiari e dalle persone che sono a più stretto contatto. Un altro pregiudizio è quello di pensare che anche un evento di poca entità possa portare al suicidio. Spesso apprendiamo dai giornali che, per esempio, uno studente si è ucciso dopo essere stato bocciato a scuola, sottolineando l’aspetto impulsivo del gesto e sottovalutando cosa possa stare dietro a questo atto, che esprime sempre un disagio più antico.

Un luogo comune è quello di pensare che chi lo dice non lo farà mai. In realtà una comunicazione di suicidio va sempre presa sul serio perché solitamente comporta un rischio reale.

Un altro convincimento è quello di ritenere l’ideazione suicidaria un processo irreversibile, impermeabile a qualsiasi evento esterno e che se uno vuole uccidersi prima o poi lo farà. Questo è vero nel momento in cui non si faccia nulla per ovviare a tutto ciò, ma nei casi in cui si cerca di aiutare in tutti modi chi vuole uccidersi si possono ottenere dei risultati sorprendenti.

Solitamente l’ideazione suicidaria viene vissuta con vergogna e quindi si pensa che è meglio non parlarne perché ciò potrebbe facilitarne la messa in atto. In realtà, il parlarne può far uscire la persona da una sensazione di incomunicabilità e di isolamento, infrangendo un tabù.

Molti di coloro che si suicidano soffrono di un disturbo psichico grave come il disturbo depressivo maggiore o altri disturbi dell’umore, schizofrenia e disturbi di personalità soprattutto ad un livello psicotico e borderline; anche se non è dimostrato che è quella determinata malattia la vera causa del gesto e spesso vi è un pregiudizio nel pensare che la causa sia dovuta solamente da un disturbo psichico. Infatti, particolari momenti della vita, come l’adolescenza e la vecchiaia, possono aumentare il rischio suicidario e condizioni sociali come l’isolamento, la solitudine, il bullismo, le discriminazioni sull’identità sessuale, la violenza di genere e la disoccupazione sono più a rischio.

Il suicidio è sempre esistito in tutte le culture e, da quando ha attirato gli interessi della scienza e si sono messe relativamente da parte le interpretazioni morali, sono state proposte diverse teorie interpretative sulle condotte suicidarie.

Le teorie psicologiche sul suicidio, in particolare, evidenziano l’importanza di variabili quali quelle emozionali, di personalità e cognitive. Ad esempio, dal punto di vista cognitivo, Aaron Beck ha evidenziato il ruolo degli errori cognitivi e delle distorsioni di pensiero proponendo il concetto di “triade cognitiva” (pensieri negativi su se stessi, sul mondo e sul futuro) ed attribuendo importanza a ciò che chiama hopelessness (mancanza di speranza). Beck si riferisce nella triade a questi tre aspetti: a) una visione negativa di sé sotto il profilo del valore personale (“sono un perdente”; “sono un fallito”) e dell’amabilità (“nessuno mi ama”; “non sono degno di amore”); b) una visione negativa del mondo (“il mondo è un luogo cattivo e infelice”; “gli altri approfittano di me”; “la vita è ingiusta nei miei riguardi”); c) aspettative negative circa il futuro (“non cambierà mai nulla”; “sarò sempre un fallito”).

È evidente che le variabili che stanno alla base dei pensieri di tipo suicidario sono complesse e non è semplice essere esaustivi nel descriverle; per questo motivo occorre parlarne in più sedi e da più punti di vista. La prevenzione del suicidio è interesse di tutta la società e sarebbe auspicabile fare delle importanti campagne di sensibilizzazione, soprattutto in quei settori dell’informazione e della tv che hanno il potere di influenzare in un qualche modo coloro che vivono appesi ad un filo e a cui basta poco per sprofondare.

Il 10 settembre si tiene ogni anno la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, iniziativa dell’International Association for Suicide Prevention, co-sponsorizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’obiettivo più importante di questa iniziativa è di aumentare la consapevolezza nella comunità scientifica e nella popolazione generale che il suicidio è un fenomeno che si può prevenire. Ogni anno viene proposto un tema nuovo della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio al fine di presentare tutte le ricerche, i risultati e le nuove prospettive nell’ambito della prevenzione del suicidio nel mondo.

Le campagne di prevenzione svolte in questo decennio si sono spesso concentrate sul ruolo giocato dai diversi fattori che possono condurre a comportamenti suicidari, proponendo strategie di prevenzione volte a ridurre i  fattori di rischio per il suicidio ma anche attraverso il potenziamento dei fattori protettivi.

Considerato che in questi ultimi periodi il tema del suicidio è stato molto spesso protagonista di spiacevoli eventi di cronaca legati alla crisi economica, all’incertezza per il futuro e problematiche sociali, appuntamenti istituzionali come la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio danno l’opportunità ai diversi settori della comunità, tra cui: il pubblico, le associazioni a scopo benefico, le comunità, i ricercatori, i clinici, i medici di base, i politici, i volontari e tutti coloro che hanno avuto a che fare con il suicidio, di valutare in modo sinergico le migliori strategie verso una efficace prevenzione del suicidio.

Sul territorio nazionale sono presenti diverse associazioni che si occupano di suicidio ed a Palermo è presente dal 1993 l’A.F.I.Pre.S. Marco Saura – Associazione Famiglie Italiane per la Prevenzione del Suicidio che si occupa di salute mentale e lotta allo stigma, prevenzione del disagio psichico, del suicidio, dell’autolesionismo e delle forme di etero ed auto aggressività. L’A.F.I.Pre.S. dispone di una linea telefonica d’aiuto che si chiama “Telefono Giallo” il cui numero è 800 01 11 10 (numero Verde gratuito attivo su tutto il territorio nazionale 24 ore su 24).

 

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