Ammhad Dabbashi … “Al Ammu”, LO ZIO, ed anche questo dovrebbe richiamarci qualche cosa, è il soprannome di quando faceva il facchino a Tripoli, guida della Brigata Anis Dabbashi. Una carriera sfolgorante all’ombra della “Rivoluzione teleguidata dalla CIA e dai servizi francesi” che ha deposto Gheddafi.

Principe degli scafisti sino a ieri, oggi referente principale, guardiano, aguzzino e carceriere per quegli stessi migranti che sino al giorno prima ha “trasbordato” (dietro corresponsione di lautissimi compensi pre o post viaggio) e che oggi invece “trattiene” con la medesima rudezza ed indifferenza per la vita con cui li ha trattati sino a qui. Forse persino peggio, perché oggi tenerli in vita gli costa.

Aguzzino e referente, lautamente remunerato dal governo italiano, per esternalizzare la propria vergogna, per far sì che, quando fra qualche anno si dovrà rendere conto, si possano sollevare mani pulite e dire “Sono altre le mani sporche di sangue … non siamo stati noi”. Già noi li abbiamo solo pagati per farlo. Ed anche questo a Capaci … forse è già successo.

Le voci dicono che abbia ricevuto 5 milioni di Euro, se non il doppio, e sono voci ottimamente informate, non raccolte da un gruppo sparuto di complottisti buonisti, ma riportate in seconda pagina dal Corriere della Sera.

Pagamento per altro passato sotto silenzioso consenso del Governo di Unità Nazionale, dell’ONU e di tutti gli interpreti di questa tragica, desolante commedia d’orrore.

Al Ammu però è un bandito, un ricercato, per cui non può essere lui a trattare personalmente con governi e con i signori della guerra Libici. Ma non è un problema, ci pensa il giovane fratello a tenere alto il nome del Clan Dabbashi, con lo stile tipico delle moderne famiglie di Mafia (che hanno sempre una voce pulita) da cui hanno appreso le capacità di “trattativa”.

Eh sì, sembra che sia abitudine dei governi del Belpaese, trattare con cosche e famiglie i “lavori sporchi”.

Un’abitudine democristiana iniziata da De Gasperi e lo sbarco di Sicilia e mai dismessa, come mai dismessi sono i democristiani di governo, nonostante le mille trasformazioni ed i molti nomi. Democristiani di Destra, di sinistra, di scuola gesuita o meno, ma sempre abituati a trattare in zona grigia con chiunque serva a mantenere il potere.

Ci sono prove di numerosi incontri del “fratellino trattante” con i servizi italiani in alberghi compiacenti di Malta o ad Cammath sulla costa turistica di Tunisi. Incontri a cui poi è conseguita la nuova linea degli “scafisti”, credendo al caso, per pura coincidenza.

Quello che sta realmente avvenendo in Libia, nelle carceri, nei campi di raccolta, nel deserto non si conosce esattamente, anche se il “Grido di Dolore” ed il rimbombo empatico si sente dovunque, ma sono sinceramente un “Capolavoro di assoluta ipocrisia” le preoccupazioni di Minniti, interprete principale in questa tragedia  per i  diritti umani in Libia: non ci dorme la notte, ci racconta.

Non ci piace immaginare come dormano coloro che si trovano intrappolati in Libia tra le ganasce di uno schiaccianoci mortale. Certo dormono molto, molto peggio di lui.

Mentre noi ci preoccupiamo indignandoci a singhiozzo delle violenze (molta indignazione dipende da chi le compie e da che colore ha la pelle), pure intollerabili, nostrane, violenza, prevaricazione, morte e dolore sono il pane, il companatico che abbiamo “opportunamente pagato” perché vengano riservati e quotidianamente somministrati a questi ultimi del mondo di cui, non sapremo mai nulla: né nomi, né storie né volti, solo un vago amorfo punteggio statistico, forse.

Editoriale Di Giandiego

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