Era nato il 19 gennaio del 1940 il magistrato Paolo Borsellino, in una città del sud: Palermo. È qui che dopo la laurea in Giurisprudenza, entrò in magistratura. Era il 1963 e all’epoca, fu il più giovane magistrato d’Italia. Nel 1975 venne trasferito all’Uffcio istruzione del tribunale di palermo, dove legò un rapporto molto stretto con il suo superiore Rocco Chinnici (ucciso nel 1983). Prima di essere uccisi Chinnici istituì il “pool antimafia”, costituito da un gruppo di giudici istruttori che si sarebbero occupati solo di reati riguardanti la mafia.

Fu confermato nel pool anche dal successore di Chinnici: Antonino Caponnetto. È a metà degli anni Ottanta che i giudici Borsellino e Falcone (ucciso il 23 maggio 1992), istituirono il maxi-processo di Palermo che si basava sulle dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta.

Insieme i due giudici, per ragioni di sicurezza, trascorsero con le loro famiglie un periodo all’Asinara. Questo storico procedimento nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo portò nel 1987 a 342 condanne.

Nel frattempo Borsellino chiese e riuscì ad ottenere di essere nominato procuratore a Marsala. Fu sciolto il pool. Nel 1991 tornò a Palermo come procuratore aggiunto: già allora si scoprì – in seguito – che la mafia aveva uno scopo ben preciso: il suo omicidio. Quando il suo amico, il giudice Falcone fu ucciso a maggio del 1992, lui denunciò l’isolamento dei giudici e si dichiarò un «condannato» a morte.

A distanza di due mesi dall’attentato di Falcone, in via D’Amelio, dove abitava la mamma del giudice Paolo Borsellino, ci fu un altro attentato: il giudice Borsellino e cinque agenti della sua scorta persero la vita. I familiari del giudice rifiutarono i funerali di Stato. Migliaia di persone parteciparono al suo funerale. Tutti insieme per quel giudice che «a fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato», così diceva il giudice palermitano.

Serena Marotta