Finita una delle più brutte campagne elettorali portata avanti a colpi di attacchi nei confronti degli avversari, senza parlare di programmi,  domenica si è andati al voto. A parte la questione bollino che ha rallentato le operazioni di voto, ai seggi si sono registrati code  anche per un aumento del numero dei votanti, quasi il 73%, che dimostra una inversione di tendenza rispetto alle elezioni precedenti e che fa ben sperare per il futuro. Oggi con i risultati che sono venuti fuori c’è da dire che il nostro Paese ha preso una piega populista. I 5 Stelle che hanno fatto man bassa di voti in tutto il sud, mentre il centro destra si attesta su  quasi tutto il nord.  Sul risultato dei 5 Stelle possiamo dire che era nell’aria, ma su quello della lega che addirittura sorpassa Forza Italia è un risultato che nessuno si aspettava. Quindi ci ritroviamo con due risultati poco distanti dalla maggioranza e che dovranno in un modo o nell’altro cercare di fare un governo che dia ristoro al popolo italiano. Queste due compagini che sono arrivate più avanti degli altri hanno il diritto di formare il governo. Più probabile che sia la coalizione di centro destra a fare campagna acquisti di deputati e senatori, perché ricordiamo che la politica si fa con i numeri e se essi non combaciano non c’è nulla da fare.  Ora che il governo sia di centro destra o pentastellato ha l’obbligo di andare a sedersi sugli scranni del parlamento cercando una stabilità che tanto interessa agli investitori. Evitando il rischio di un ritorno alle urne entro l’anno, magari con una nuova legge elettorale.

Se dalle parti dei 5 Stelle e del centro destra si ride e si festeggia, lo stesso non si può dire per quanto riguarda le forze del centro sinistra. Il PD da buon partito padronale crolla come una torre di sabbia  alla prima onda de brezza marina e la colpa di questa debacle non è che si può additare agli elettori che di punto in bianco si sono innamorati di  Grillo e di Salvini. Piuttosto la colpa è solo della classe dirigente del partito e dei luogotenenti che hanno operato per mettere fuori lista una parte di militanti provenienti dalla parte sinistra del partito e principalmente per le politiche non popolari che hanno fatto in questi anni. Il job act tanto decantato ha prodotto solo precariato e posti di lavoro a termine. L’elargizione miserevole degli ottanta euro solo a chi ha una busta paga, escludendo tutta quella fascia che una busta paga non c’è l’ha. E poi l’aver fatto di tutto pur di attirarsi le antipatie degli elettori medi, a cominciare dal caso Marino a Roma per finire a  Renzi, che annuncia le dimissioni ma che non si dimette, mostrando un’altra perla del suo essere e non essere.  Adesso il PD si trova in una situazione che dovrebbe fare riflettere la base e dare il benservito al segretario, al presidente ed a tutti i riferimenti che in teoria stanno sul territorio. In altri tempi quando la politica era una cosa seria, i dirigenti dei partiti che perdevano le elezioni si dimettevano con la sola scusante che era quella della sconfitta. Ora in questa giornata di festeggiamenti e di pianti bisogna dire che non vale la spocchia verbale del vincitore, per cui diamo gloria ai vincitori, ma anche onore ai vinti.

Liborio Martorana

(foto fonte web)