di Ornella Mallo

Quando ho letto “ I sensi. Uomini di un certo tipo”, mi è venuta in mente una frase di Eugenio Borgna, ne “La follia che è in noi”:
“La follia non è qualcosa di estraneo alla vita, ma una possibilità umana che è in noi, in ciascuno di noi, con le sue ombre e le sue incandescenze emozionali.
La tristezza e l’angoscia sono esperienze umane non estranee alla nostra esistenza”.
E poi, le parole di Pirandello, ne l’”Enrico IV”: “ Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo. Il guaio è per voi che la vivete esagitatamente, senza saperla né vederla, la vostra pazzia”.
Impossibile non imbattersi nella follia, quando si è in vita. Ove per follia spesso si intende quel comportamento umano non riconducibile a schemi o stereotipi, e per ciò stesso, apparentemente inspiegabile, privo di logica, raziocinio. Spesso si confonde la follia con l’originalità di ciascun essere umano, con la sua unicità. La diversità tra un uomo e l’altro crea incomprensioni, perché si è sempre diffidenti verso ciò che è altro da noi. Istintivamente si oppone un rifiuto a un rapporto empatico con l’Altro.
E ognuno di noi cammina sul filo sottile che separa normalità da anormalità.
Quando si supera il border-line, e si sfocia nella sofferenza e nell’impossibilità di vivere la vita in modo sano, partecipando al gruppo sociale, ecco che nasce il disagio mentale.
Scrive Claudia, una delle protagoniste del libro di Serena Marotta: ”Ho camminato, in bilico, sul filo della vita sino a quando ho incontrato dei camici bianchi: adesso cammino, in equilibrio, verso la ragione e torno leggera sul filo leggero e colorato della vita”.


Claudia è una ragazza che vive una patologia psichiatrica. A causa del suicidio del padre, spesso si isola in un mondo irreale. Lo stesso fa Laura, una ragazza di trent’anni, traumatizzata dalla perdita della figlia in un incidente d’auto. E poi Antonio, Simone: uomini e donne che chiedono aiuto, che vogliono rientrare nei canoni della normalità, e che vivono nei centri di salute mentale creati dopo la legge Basaglia.
A queste realtà si accosta Giada, la protagonista del libro: una giornalista curiosa e intelligente, frizzante e piena di vita, che decide di scrivere le storie di ognuno dei pazienti curati nella nuova struttura creata in via Pindemonte, a Palermo.
Palermo fa da magnifico sfondo allo scritto della giornalista, e viene descritta nei minimi particolari, anche storici, lasciando trasparire l’infinito amore dell’autrice per la città natìa.
E l’amore è un altro dei fili che si sgomitolano durante la lettura del testo: amore per i pazienti, amore per la città. Amore per la poesia: Giada ne scrive tante, e lo stesso fa Claudia, che scrive anche lettere d’amore allo psichiatra che l’ha in cura. Ma anche amore erotico, come quello che nasce tra i due protagonisti del libro. Un amore salvifico, perché aiuterà i due protagonisti a ricostruire le loro identità, sbandate alla ricerca di esso. Soprattutto l’identità di Paolo, lo psichiatra che guiderà Giada nel suo viaggio all’interno della follia, la cui vita è stata devastata proprio dal disagio mentale della prima moglie, morta suicida, che lui non era stato in grado di salvare.
E sarà anche l’amore che Claudia nutre per il suo dottore, a indicarle la strada verso la normalità, al punto da sposarsi, anche se con un altro uomo, e costruire una vita serena, lontana dalle turbe che l’avevano assillata.
Serena Marotta lancia col suo libro un messaggio positivo, carico di speranza: speranza per i pazienti affetti da patologie psichiatriche, che possono guarire, seguendo le terapie idonee, da cui non devono allontanarsi.
E speranze per i cosiddetti “normali”, la cui vita non è mai del tutto avulsa, in fondo, dalla follia, perché comunque, in misura maggiore o minore,  la follia sfiora le nostre vite.
Il tutto raccontato con una scrittura accattivante, immediata e a tratti ironica e divertita, soprattutto nella parte in cui si parla appunto dell’amore, che sempre di più cattura Giada e la veicola nella dimensione del sogno ad occhi aperti, che addolcisce la realtà permettendo di viverla con fiducia e ottimismo.