di Fulvio Fisicaro Palermo, 28/9/2022

La conta dei voti è alla base del calcolo delle rappresentanze parlamentari, ma da sola non è bastevole. Sono i numeri applicati alla norma che regola il sistema politico e democratico del nostro paese, ossia la legge elettorale, che costituiscono il risultato. Qualsiasi analisi del voto, a mio parere, deve partire proprio da lì. Cosi ragionando, scopriamo che il centrodestra non è maggioranza nel paese, però gode di un’ampia maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Alla Camera, Meloni & C. hanno ottenuto il 43,79% dei voti ma gli viene assegnato il 58,75% dei deputati (235 su 400) per effetto della quota maggioritaria uninominale a turno unico. Rispetto alla ripartizione proporzionale pura, gli vengono regalati 60 deputati. Al Senato, il centrodestra ha ottenuto il 44,02% e riceve in dote il 56% dei senatori (112 su 200), 24 in più rispetto al proporzionale puro. L’insieme degli elettori che non hanno votato il centrodestra, pur essendo maggioranza nel paese, deve restare a guardare il governo della minoranza e subire uno scippo di rappresentanza parlamentare pari al regalo fatto alla coalizione di centrodestra. Questo forte effetto distorsivo e antidemocratico è dovuto al meccanismo che consente la creazione di cartelli elettorali finalizzati alla spartizione del potere. A tal riguardo, impossibile non ricordare che la Costituzione non parla mai di coalizioni elettorali, ma solo di partiti. La ragione che stava alla base di questa ormai antica concezione era quella di creare le condizioni che favorissero la polarizzazione dell’elettorato attorno a due poli contrapposti. Questa visione non è più attuale, e non certo perché questa o quella forza politica si intesti la definizione di terzo o quarto polo. Se sommiamo i risultati odierni dei primi cinque partiti (sempre gli stessi: FdI, Lega, FI, PD e M5S) e confrontiamo il risultato con quelli delle politiche 2018 ed europee 2019, prendiamo atto che la somma dei consensi 2022 (77%) è inferiore del 10% rispetto al 2018 e del 12% rispetto al 2019. Nel 2018, il primo partito (M5S) aveva avuto il 32%, nel 2019 (Lega) il 34%, valori ben maggiori del 25,99% della Meloni e tutti i suoi Fratelli. Nell’elettorato italiano, è in corso un processo inverso alla polarizzazione. La legge elettorale dovrebbe interpretare il corpo elettorale, non modellarlo; ecco perché questa legge non è più adeguata a formare un Parlamento pienamente democratico. Nel vararla, si disse anche che consentiva migliore stabilità politica e maggiore governabilità; la XVIII legislatura ha smentito con i fatti anche questa chimera. E mi sento di aggiungere che l’Italia è una repubblica parlamentare e le maggioranze si formano in Parlamento sulla base del dialogo democratico, non per la sottoscrizione di un cartello elettorale preconfezionato. E se i partiti non fossero in grado di abolirla e riscriverla ex novo, perché magari è gradito il corollario di privare l’elettore della scelta del singolo candidato, allora è compito dell’intera società civile mobilitarsi per promuovere al più presto un referendum abrogativo. E poi, quanto sarebbe bella una legge elettorale d’iniziativa popolare, scritta dal popolo per fare contare il voto di ognuno e le sue preferenze politiche, senza giochi di partito o inganni maggioritari!

(fonte immagine: Studenti.it)