“La storia di un uomo che ha visto tutto e di uno che non ha visto niente”; nel romanzo di Marco Rossari “Le cento vite di Nemesio” un figlio ricostruisce la vita del padre, centenario e ormai in fin di vita, al quale non è mai stato legato da alcun tipo di affetto familiare. Troppo estranei sono stati l’un l’altro, il padre Nemesio famoso pittore e il figlio, anche lui Nemesio ma che si fa chiamare Nemo (nessuno), che vive una vita opaca e senza soddisfazioni. Nemesio ha girato il mondo, ha vissuto due guerre mondiali, è stato partigiano, poi comunista, ha partecipato a tutte le avanguardie artistiche (divertente la enunciazione della corrente del “vuotismo”) e il figlio, in una sequenza da incubo di avvenimenti e rinvenimento di oggetti, cerca di scoprire i trascorsi del padre, rincorrendone un introvabile libro di memorie; ma la sua ricostruzione risponde alla realtà o è un’altra delle sue fantasie? E la fama di pittore del padre è vera gloria o una serie di fortunate coincidenze?

Rossari utilizza questo schema per rileggere e reinterpretare in chiave spesso ironica e sempre con un punto di vista fuori dalle convenzioni e dagli stereotipi l’intero secolo del Novecento, che risulta il vero protagonista del romanzo.

Così, tra colpi di scena, avvenimenti che assumono diverse versioni, personaggi che sembrano ritornare dalla morte, le cinquecento pagine delle “cento vite di Nemesio”, scorrono veloci sotto gli occhi del divertito lettore.

Il romanzo, candidato nella prima scelta del Premio Strega del 2017, avrebbe meritato, in quella sede, migliore sorte e maggiore apprezzamento.

Fabrizio Vasile

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