Palermo custodisce presso la Galleria Regionale uno dei massimi capolavori dell’arte tardomedievale italiana, l’affresco del “Trionfo della morte” di autore anonimo (nonostante il suo volto ci guardi dal dipinto), un tema ricorrente nella iconografia del tempo. Tradizionalmente inquadrato nel percorso peccato – pentimento – salvezza, viene rivisto da Michele Cometa (docente dell’Università di Palermo) nel suo saggio “Il Trionfo della morte di Palermo – un’allegoria della modernità” sotto un’altra ottica. Le consuete figure allegoriche, pur presenti nell’affresco, vengono presentate in posizioni e con caratteristiche che rompono l’interpretazione classica del tema. Anche nel giardino del piacere gli sguardi sono cupi, il suonatore di liuto assume i caratteri dello scorpione malvagio, le donne che danzano somigliano più alle Parche che alle Grazie, i cani ringhiano come se sentissero odore di disfacimento. Vi troviamo poi, anche riferimenti concreti alla storia (la peste, l’antipapa) che confermano la datazione alla metà del ‘400.

Una minuziosa analisi corredata di immagini trascina il lettore in un affascinante percorso interpretativo che riserva sorprese in ogni angolo e configura una interpretazione “moderna” dell’affresco: l’umanità non è più una massa di peccatori succubi che può soltanto implorare la salvezza, ma assume le caratteristiche di persone che prendono coscienza del loro stato di disagio, ne provano disgusto e oppongono una speranza basata sulla compassione e la cura.

Più che un saggio, una avventura dentro un capolavoro dell’arte di tutti i tempi che ha ispirato anche narratori come Gesualdo Bufalino e Eduardo Ribulla.

 

Fabrizio Vasile