Radio Off intervista Ciro Lomonte

di Fulvio Fisicaro Palermo, 10 novembre 2021

Da quando la Sicilia è sotto il sole, una parte dei suoi abitanti, fossero essi indigeni o di passaggio, ha coltivato idee di indipendentismo. Nell’ultimo periodo di storia democratica del nostro Paese, è stata costante la presenza di liste elettorali che si rifanno a quell’archetipo sociologico. Il fenomeno è diffuso in tutta Italia e in tutta Europa; la spinta irredentista della Catalogna in Spagna, che ha votato un referendum poco più che formale affermando la propria indipendenza da Madrid, fa da nave scuola. Per conoscere lo stato attuale e le prospettive per le Amministrative a Palermo nel 2022 del partito “Siciliani liberi”, che interpreta oggi l’idea indipendentista in Sicilia, ne incontriamo il Segretario Nazionale Ciro Lomonte. La sua candidatura a Sindaco di Palermo nel 2017 ha portato l’1,76 per cento dei consensi; alle successive Regionali il partito ha ottenuto lo 0,7 per cento.

Quali sono le prospettive del partito “Siciliani Liberi” per le Amministrative 2022 a Palermo?

“Condivideremo la battaglia dei movimenti civici. Riteniamo che i partiti italiani abbiano tutti tradito la Sicilia. Riteniamo che sia un momento di svolta totalitaria in cui i partiti hanno un ruolo subalterno rispetto alla finanza internazionale. Pensiamo che bisogna convincere cittadini autorevoli e credibili che sono rimasti alla finestra, schifati dall’involuzione dei partiti, a scendere in campo per salvare Palermo. Anche i “Siciliani Liberi” vogliono partecipare a questo progetto di cambiamento. Pensiamo che il voto in questa città abbia una certa percentuale legata in modo clientelare al potere, e che ci sia invece una stragrande maggioranza di cittadini che lavorano sul serio e che è penalizzata da un sistema che va scardinato. Abbiamo trovato nelle realtà civica una grande rispondenza ai nostri valori e degli interlocutori credibili.”

Quali sono le radici storiche del movimento politico indipendentista in Sicilia?

“Va detto anzitutto che c’è una mistificazione della storia. Fino al 1816, anno in cui Ferdinando III di Sicilia, contravvenendo ai risultati del Congresso di Vienna, lo sopprime, la Sicilia era un Regno indipendente che si univa ad altri regni nella persona che ereditava il titolo. E’ sbagliato parlare di dominazioni o di conquiste; non è questa la vera storia della Sicilia. Dopo di allora, comincia una narrazione falsata per giustificare la colonizzazione: prima ad opera dei Borbone nella loro seconda fase, quella del Regno delle Due Sicilie; poi ad opera dei Savoia; e infine della Repubblica Italiana. La lotta per la libertà dei Siciliani, che ha vissuto un momento eroico con la Guerra del Vespro, iniziata nel 1282 e durata 90 anni, è diventata più significativa da quando viene negata radicalmente l’identità e il diritto di autodeterminarsi dei Siciliani, abbandonati anche dal consesso internazionale. Da questo deriva il detto siciliano “ Calati juncu ca passa la china ”. Non vuol dire rassegnazione, ma attesa del momento in cui possiamo rialzarci, perché il fuoco cova sotto la cenere. Questo si nota molto non a Palermo, città imborghesita e burocratizzata, ma in tutto il resto della Sicilia. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nasce il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, il MIS, e addirittura un suo braccio armato, l’Esercito dei Volontari per l’indipendenza della Sicilia, l’EVIS. Il MIS arriva a contare 800 mila tesserati. Lo Stato Italiano, che stava faticosamente uscendo dal regime fascista e dalla guerra, affrontò con una ferocia inaudita questo fenomeno, stroncando nel sangue le manifestazioni dei Siciliani. A quel punto, si giunse a un compromesso: si permise a un gruppo di politici siciliani di redigere una carta costituzionale, lo Statuto della Regione Siciliana, che è costruito come un patto fra la nazione siciliana e lo Stato italiano; tant’è che la nostra Regione è l’unica in Italia definita con un aggettivo, “Siciliana”, che rimanda al popolo. Questo patto venne recepito nella Costituzione Italiana due anni dopo. Ma i partiti italiani non avevano alcuna intenzione di farlo attuare. Per esempio, la DC di quel tempo elaborò una strategia specifica, concedendo molti posti di lavoro pubblico ai Siciliani in cambio del silenzio sulla mancata concessione dei diritti previsti dallo Statuto. Quindi, l’arretratezza attuale della Sicilia è dovuta non allo​ Statuto siciliano, ma alla sua mancata attuazione, in particolare gli art. 36, 37 e 38 sulla destinazione delle imposte.”

Esiste un popolo siciliano oggi?

“Associo spesso ai Siciliani la metafora del mandorlo, una specie vegetale antichissima, se non indigena, importata almeno in tempi antidiluviani. Le mandorle siciliane sono usate in tutto il mondo per le loro qualità organolettiche e di bontà. I confetti in tutto il mondo si fanno con le mandorle di Avola, non certo con quelle californiane. Il mandorlo è anche un portainnesto; si possono innestare albicocche, pesche, prugne, susine. L’albero che ne deriva è più forte e il frutto più gustoso. Arriva una pianta da fuori e in Sicilia si trasforma. I fichi d’india di Sicilia non sono come quelli in Messico, anche se sono originari da quell’area geografica. Lo stesso è avvenuto e continua ad avvenire con la popolazione; chiunque arrivi da fuori, si trasforma e diventa siciliano. In questo senso per me la multiculturalità è una bufala; noi non siamo mai stati Magna Grecia, nessuno storico antico ha mai parlato della Sicilia come Magna Grecia. I Greci si erano mescolati con i Siculi, gli Elimi furono un popolo anatolico che si mescolò con i Sicani, così come fecero anche gli stessi Fenici. Quindi esiste un popolo siciliano, che è scorretto considerare frutto di una mescolanza, a cui è scorretto attribuire il fatalismo dei Greci o degli Arabi. Ma è un popolo fondamentalmente laborioso, gioioso, accogliente e creativo, e questo si vede nelle opere d’arte di tutti i secoli. Se negli ultimi tempi è diventato un popolo rattristato dal degrado economico, è perché così lo vogliono i dominatori.”

Che significa l’indipendentismo siciliano nel mondo globale contemporaneo?

“A maggior ragione, oggi serve difendere l’identità del popolo siciliano, in un momento storico in cui si vogliono appiattire le differenze dell’umanità per dividere il mondo in pochi ricchi e miliardi di schiavi. La Sicilia libera sarebbe un bene per tutti, non solo per i Siciliani.”

Quale sarebbero i capisaldi finanziari ed economici di una Sicilia libera?

“Usciamo dagli equivoci. L’attuale gettito finanziario della Sicilia è di 25 miliardi di euro all’anno; 10 di questi vengono sottratti dallo Stato Italiano che non dà nulla in cambio, mentre la Regione Siciliana ha a carico tutti i servizi, anche quelli che in altre Regioni sono dello Stato. La sanità in Sicilia è al collasso: hanno chiuso tanti e tanti punti nascita, ospedali interi. Se la Sicilia avesse tutte le risorse finanziarie previste dalla Statuto, potrebbe garantire il livello minimo di prestazioni ai suoi cittadini, nella sanità, nell’istruzione, nelle infrastrutture. Abbiamo strade che non esistono. Dicono che è colpa nostra, ma l’ANAS è dello Stato. Oltre al danno, anche la beffa: crolla il viadotto Imera, e Renzi viene ad inaugurarne l’altra parte, unica a restare in piedi. La Statale Palermo Agrigento è un cantiere infinito in cui adesso esondano pure i fiumi. Il Vice Ministro alle Infrastrutture Cancelleri ha inaugurato ieri il “Freccia Bianca”, un treno che ci mette di più fra Palermo e Catania rispetto al precedente regionale. Non so se pensano che siamo cretini: sicuramente pensano di poter continuare a metterci i piedi sulla testa. La Sicilia, da sola, potrebbe fare molto meglio. La prima cosa è l’indipendenza economica.”

Il vostro partito ha rappresentanti nelle istituzioni?

“Abbiamo partecipato alle competizioni elettorali in alcuni comuni della Sicilia; finora abbiamo eletto un consigliere comunale a San Marco d’Alunzio; il suo nome è Salvatore Mangano, giovane imprenditore agricolo.”

Statuto siciliano, ma alla sua mancata attuazione, in particolare gli art. 36, 37 e 38 sulla destinazione delle imposte.” Esiste un popolo siciliano oggi? “Associo spesso ai Siciliani la metafora del mandorlo, una specie vegetale antichissima, se non indigena, importata almeno in tempi antidiluviani. Le mandorle siciliane sono usate in tutto il mondo per le loro qualità organolettiche e di bontà. I confetti in tutto il mondo si fanno con le mandorle di Avola, non certo con quelle californiane. Il mandorlo è anche un portainnesto; si possono innestare albicocche, pesche, prugne, susine. L’albero che ne deriva è più forte e il frutto più gustoso. Arriva una pianta da fuori e in Sicilia si trasforma. I fichi d’india di Sicilia non sono come quelli in Messico, anche se sono originari da quell’area geografica. Lo stesso è avvenuto e continua ad avvenire con la popolazione; chiunque arrivi da fuori, si trasforma e diventa siciliano. In questo senso per me la multiculturalità è una bufala; noi non siamo mai stati Magna Grecia, nessuno storico antico ha mai parlato della Sicilia come Magna Grecia. I Greci si erano mescolati con i Siculi, gli Elimi furono un popolo anatolico che si mescolò con i Sicani, così come fecero anche gli stessi Fenici. Quindi esiste un popolo siciliano, che è scorretto considerare frutto di una mescolanza, a cui è scorretto attribuire il fatalismo dei Greci o degli Arabi. Ma è un popolo fondamentalmente laborioso, gioioso, accogliente e creativo, e questo si vede nelle opere d’arte di tutti i secoli. Se negli ultimi tempi è diventato un popolo rattristato dal degrado economico, è perché così lo vogliono i dominatori.” Che significa l’indipendentismo siciliano nel mondo globale contemporaneo? “A maggior ragione, oggi serve difendere l’identità del popolo siciliano, in un momento storico in cui si vogliono appiattire le differenze dell’umanità per dividere il mondo in pochi ricchi e miliardi di schiavi. La Sicilia libera sarebbe un bene per tutti, non solo per i Siciliani.” Quale sarebbero i capisaldi finanziari ed economici di una Sicilia libera? “Usciamo dagli equivoci. L’attuale gettito finanziario della Sicilia è di 25 miliardi di euro all’anno; 10 di questi vengono sottratti dallo Stato Italiano che non dà nulla in cambio, mentre la Regione Siciliana ha a carico tutti i servizi, anche quelli che in altre Regioni sono dello Stato. La sanità in Sicilia è al collasso: hanno chiuso tanti e tanti punti nascita, ospedali interi. Se la Sicilia avesse tutte le risorse finanziarie previste dalla Statuto, potrebbe garantire il livello minimo di prestazioni ai suoi cittadini, nella sanità, nell’istruzione, nelle infrastrutture. Abbiamo strade che non esistono. Dicono che è colpa nostra, ma l’ANAS è dello Stato. Oltre al danno, anche la beffa: crolla il viadotto Imera, e Renzi viene ad inaugurarne l’altra parte, unica a restare in piedi. La Statale Palermo Agrigento è un cantiere infinito in cui adesso esondano pure i fiumi. Il Vice Ministro alle Infrastrutture Cancelleri ha inaugurato ieri il “Freccia Bianca”, un treno che ci mette di più fra Palermo e Catania rispetto al precedente regionale. Non so se pensano che siamo cretini: sicuramente pensano di poter continuare a metterci i piedi sulla testa. La Sicilia, da sola, potrebbe fare molto meglio. La prima cosa è l’indipendenza economica.” Il vostro partito ha rappresentanti nelle istituzioni? “Abbiamo partecipato alle competizioni elettorali in alcuni comuni della Sicilia; finora abbiamo eletto un consigliere comunale a San Marco d’Alunzio; il suo nome è Salvatore Mangano, giovane imprenditore agricolo.”