Nella piccola città di Alia, piccolo borgo della Valle del Torto, sito a 800 metri di altezza, incastonato nella montagna e avvolto da paesaggi agresti, a volte ancestrali ma incantevoli, connessi al nostro tempo e proiettati nel futuro dalla storia rurale, che affonda le sue radici nella cultura contadina, da cui trae eccellenze alimentari, e dalla bellezza dei luoghi, incontaminati e ricchi di storia e di cultura, come il sito archeologico della Gurfa con la sua Tholos; nasce la poetessa Maria Ermegilda Fuxa, più semplicemente Maria Fuxa, come lei amava farsi chiamare e firmare le opere. Maria Fuxa dunque nasce ad Alia, in una giornata di vento e di neve, insieme alla sorella gemella Nicoletta Ermelinda Fuxa, il giorno 12 Dicembre 1913, dalla madre: Beatrice Maria Teresi, anni 26, appartenente alla famiglia dei Teresi, dell’alta borghesia illuminata e rivoluzionaria, sorella di Matteo Teresi, avvocato e rivoluzionario socialista che abbracciò la causa per la giustizia sociale dei contadini e degli sfruttati, che gli costò l’esilio in America. Dal Padre, Edgard Fuxa, anni 40, insegnante, discendente dai primi Fuxa, giunti in Sicilia al seguito di Alfonso I, Il Magnifico.

E cresce in questo piccolo borgo, avvolta da una apparente tranquillità seppure fosse una bambina inquieta, troppo sensibile e profonda, e perciò secondo i genitori, diversa dalla esuberante e allegra gemellina. Si coglievano già le prime differenze, inquietudini, bisogno di solitudine e si rifugiava sempre più spesso nella sua stanza, piccola ma che trasformava nel suo ideale cosmo, dove fantasticare e creare storie. E quando la famiglia decide di trasferirsi a Palermo per offrire alle due sorelle gemelle la possibilità di studi adeguati, avviene il primo strappo col suo piccolo microcosmo che non accetterà mai, perché non ne comprende la ragione e perché, come dice lei stessa, in quel piccolo paesino si sentiva al sicuro. Comincia così le elementari al “Giusino” e le medie a “S.Anna” e prosegue i suoi studi al “De Cosmi” diplomandosi maestra. Maria vive così una apparente giovinezza “serena” pur nella presa di coscienza di sentirsi diversa, emarginata persino da alcuni familiari, dalle amiche, che sentiva estranei, in preda ad un desiderio di solitudine, che riempiva intessendo storie immaginifiche che la proiettavano in un mondo da favola, durante il giorno, per trasformarsi poi in fantasmi nelle tenebre della notte. In questo contesto però Maria dice di aver trovato l’amore o l’idealizzazione di un amore, visto il persistere di molte ombre, mai completamente chiarite dalla stessa Maria, giacché seppure in una lirica ella parli di un amore strappatole dalla gemella, in alcune interviste smentisce l’accaduto o elude le domande. Pur tuttavia, tra il vero o l’immaginabile, tutto questo la destabilizza a tal punto che, con l’aggravarsi della sua condizione, compie un tentativo di suicidio buttandosi dal 4°piano della sua abitazione.

In seguito a questo gesto le fu diagnosticata la diagnosi della depressione e della schizofrenia che le costerà un lungo ricovero in una clinica palermitana. Dopo anni di cure, Maria viene dimessa dalla clinica, nel frattempo però perde entrambi i genitori e lei viene affidata all’unico membro della famiglia rimasta oltre al fratello Mario, la sorella Nicoletta, che intanto si era trasferita a Milano, dopo essersi sposata proprio con quell’innamorato conteso. Maria, non avendo scelta, decide comunque di dimenticare il passato e a superare tutti i suoi tormenti, si trasferisce a Milano a casa della sorella Nicoletta. Inizia ad insegnare in un istituto milanese, iscrivendosi al contempo all’Università in Pedagogia e studiando privatamente pianoforte, riuscendo così ad esprimere attraverso la musica la profondità dei suoi sentimenti. Contemporaneamente frequenta la biblioteca nazionale dove si forma una vasta cultura letteraria e poetica. Ben presto però si accorge che il suo desiderio di ricominciare una vita quasi normale, si infrange contro il ricordo dolente di quello strappo, con cui costantemente deve fare i conti nella quotidianità e decide quindi il suo ritorno in Sicilia, proprio quando la guerra invade Milano e semina morti. Ma sarà proprio la paura della guerra, giunta oramai in tutta la sua cruda realtà anche a Palermo, a riaprire le ferite dei suoi fantasmi e dei suoi tormenti. E sarà proprio in quel periodo più buio e confuso della sua vita, che ella viene dichiarata incapace di intendere e di volere e subirà l’oltraggio dell’interdizione. Affidata ad una parente che si occuperà del suo patrimonio per il resto dei suoi giorni, viene deciso (per il suo bene) il suo ricovero in forma coatta e definitiva in manicomio. E seppure confusa, Maria, subisce quella condizione come una bruciante ingiustizia compiuta nei riguardi di chi chiede aiuto e invece riceve catene. A venirle in aiuto però sarà proprio tutto quel vasto patrimonio culturale acquisito coi suoi studi a fornirle gli strumenti intellettivi atti a non soccombere. E tanto più la vita si accanisce e la condanna alle “catene della sua stretta gabbia” in quel luogo di affanni e di patimenti, dove il nulla diventa la costante condizione da cui nessuna speranza è possibile nutrire, tanto più, Maria, scava dentro di sé nel profondo dei suoi ricordi, ad essi si aggrappa cercando la luce per non sentirsi “ diversa, esclusa, emarginata” E mentre la mente anestizzata, disarmata, alimenta i suoi demoni, lei si arrampica su muri di vetro immaginari, da dove osserva la vita da dove ascolta le voci dei senza voce e si fa voce. E con coraggio, dopo un lungo viaggio fatto di tanta oscurità e di pochi sprazzi di luce, risorge. Comincia a svolgere il suo lavoro di archivista nella sezione donne dello “Psichiatrico” di Palermo, dove lavora moltissimo, e solo negli ultimi anni, spinta dai suoi più cari amici, con i quali aveva intrapreso diverse relazioni esterne, si dedica interamente alla poesia e, sostenuta e guidata dalla Ass. ASLA e dal suo straordinario mentore, Ugo Zingales, che gli è stato vicino con amorevole cura, costante nella visionarietà del suo potenziale intellettivo, umano e artistico, partecipa a moltissimi concorsi nazionali vincendo moltissimi e ambitissimi premi e scrivendo pagine di inimmaginabile lirismo.

In seguito a questo gesto le fu diagnosticata la diagnosi della depressione e della schizofrenia che le costerà un lungo ricovero in una clinica palermitana. Dopo anni di cure, Maria viene dimessa dalla clinica, nel frattempo però perde entrambi i genitori e lei viene affidata all’unico membro della famiglia rimasta oltre al fratello Mario, la sorella Nicoletta, che intanto si era trasferita a Milano, dopo essersi sposata proprio con quell’innamorato conteso. Maria, non avendo scelta, decide comunque di dimenticare il passato e a superare tutti i suoi tormenti, si trasferisce a Milano a casa della sorella Nicoletta. Inizia ad insegnare in un istituto milanese, iscrivendosi al contempo all’Università in Pedagogia e studiando privatamente pianoforte, riuscendo così ad esprimere attraverso la musica la profondità dei suoi sentimenti. Contemporaneamente frequenta la biblioteca nazionale dove si forma una vasta cultura letteraria e poetica. Ben presto però si accorge che il suo desiderio di ricominciare una vita quasi normale, si infrange contro il ricordo dolente di quello strappo, con cui costantemente deve fare i conti nella quotidianità e decide quindi il suo ritorno in Sicilia, proprio quando la guerra invade Milano e semina morti. Ma sarà proprio la paura della guerra, giunta oramai in tutta la sua cruda realtà anche a Palermo, a riaprire le ferite dei suoi fantasmi e dei suoi tormenti. E sarà proprio in quel periodo più buio e confuso della sua vita, che ella viene dichiarata incapace di intendere e di volere e subirà l’oltraggio dell’interdizione. Affidata ad una parente che si occuperà del suo patrimonio per il resto dei suoi giorni, viene deciso (per il suo bene) il suo ricovero in forma coatta e definitiva in manicomio. E seppure confusa, Maria, subisce quella condizione come una bruciante ingiustizia compiuta nei riguardi di chi chiede aiuto e invece riceve catene. A venirle in aiuto però sarà proprio tutto quel vasto patrimonio culturale acquisito coi suoi studi a fornirle gli strumenti intellettivi atti a non soccombere. E tanto più la vita si accanisce e la condanna alle “catene della sua stretta gabbia” in quel luogo di affanni e di patimenti, dove il nulla diventa la costante condizione da cui nessuna speranza è possibile nutrire, tanto più, Maria, scava dentro di sé nel profondo dei suoi ricordi, ad essi si aggrappa cercando la luce per non sentirsi “ diversa, esclusa, emarginata” E mentre la mente anestizzata, disarmata, alimenta i suoi demoni, lei si arrampica su muri di vetro immaginari, da dove osserva la vita da dove ascolta le voci dei senza voce e si fa voce. E con coraggio, dopo un lungo viaggio fatto di tanta oscurità e di pochi sprazzi di luce, risorge. Comincia a svolgere il suo lavoro di archivista nella sezione donne dello “Psichiatrico” di Palermo, dove lavora moltissimo, e solo negli ultimi anni, spinta dai suoi più cari amici, con i quali aveva intrapreso diverse relazioni esterne, si dedica interamente alla poesia e, sostenuta e guidata dalla Ass. ASLA e dal suo straordinario mentore, Ugo Zingales, che gli è stato vicino con amorevole cura, costante nella visionarietà del suo potenziale intellettivo, umano e artistico, partecipa a moltissimi concorsi nazionali vincendo moltissimi e ambitissimi premi e scrivendo pagine di inimmaginabile lirismo.

Per tutto ciò occorre avere per questa creatura straordinaria una attenzione speciale e il rispetto sacrale che le renda efficacemente onore e meriti, giacché lei si è mostrata a noi in tutta la sua nudità di essere umano, in tutta la sua consapevole fragilità e con il coraggio di chi, cosciente della forza salvifica del ​sapere in genere e della Poesia in assoluto, resiste alla sua stessa vita, incerta e dolente “traccia nuove strade” e in “ un anelito di libertà e di conquista” risorge. Maria Fuxa è stata: umile con gli umili, voce di chi non aveva voce ma anche pedagoga per coloro che, dotati di strumenti, potessero comprendere la sua resistenza, il suo pacato urlo di dolore e di denuncia, più che per sé, per tutta quella umanità negata, Emarginata, Esclusa!

Esclusa

“ Ho desideri di sosta

Nella mia solitudine

Per sconfiggere l’ombra

. Perché io veda azzurrità di spazi

E non rimanere “ esclusa”

Col cuore squarciato nell’ampiezza del dolore.

Echeggia nell’aria Antica melodia;

albe e tramonti

luci e ombre

espansioni di silenzio

di canto e di preghiera io bramo

Che non rimanga “emarginata”

Su questa croce di ferro

che mi inchioda

come un cupo silenzio di tomba.

Che non rimanga “esclusa

“ Su questo letto di ospedale,

ove il sole e la speranza

sono velati di pianto”

( 1° premio assoluto. Concorso internazionale di poesia indetto dall’Iternational Accademy of Science and Arts genova 1978 )

Maria Fuxa : ”… vivere significa dare un senso alle cose. Ora capisco il senso delle cose. Adesso so quale è stato il significato di tutto. … Sì, adesso io so che per troppo amore si rischia di morire. … Adesso finalmente trovo risposta. E capisco che tutto doveva andare così per un grande disegno, perché da me doveva nascere qualcosa di più bello della vita stessa che … per me mai fu bella …”.

( Da Vivere)

“ …Ora io voglio vivere

e vivrò con fede e amore

Ridammela dunque

La mia vita smarrita…

La riprenderò, attimo per attimo,

la prenderò fra le tremule mani

come piccolo tesoro

e staccherò ciò che la incrosta

per rivederla

splendida e preziosa!”

“Sono nata a dicembre, il paese candido come la neve pareva un presepino. Le strade, le case immerse nel silenzio, nella pace che nascondeva l’operosità delle vite dentro le mura… La nostra Alia d’inverno era bellissima… mi pareva incantata, quando la guardavo da dietro i vetri”. “Se potessi scegliere vorrei morire d’estate, magari a luglio, in una giornata da ricordare per la sua luce accecante”.

( Da risorgerà)

“ Un libro non letto è la mia vita

Un libro lasciato tra tanti libri,

coperto di polvere, seppellito,

dimenticato, ignorato

Ma io sogno: dalle ceneri sotto cui arde ancora

risorgerà questa mia vita abbrutita…

Griderò ai tanti falsi ed ipocriti

Il mio anelito di libertà e di conquista,

innalzerò il tuo canto verso cieli dilatati.

Sorriderò dov’è traboccante solitudine,

procedendo per sentieri di sangue

traccerò nuove strade

e cercherò un cuore puro

che tenda con me le braccia

verso l’ultima luce.”

Ecco, il senso del suo vissuto, sta racchiuso tutto nel lirismo delle sue parole che hanno cadenzato i momenti più salienti, tra il vissuto del prima, la presa di coscienza del senso delle cose, del dopo, e il suo malinconico desiderio del ritorno a casa, magari “in un giorno di luce accecante”. Quella luce profetica e balenante che fu’, visto che Maria tornò a casa per sempre il 23 luglio 2004. Ma ciò che accadde in tutta la sua esistenza Ella ce lo svela piano piano con la sua opera e attraverso le testimonianze dei tantissimi che l’hanno conosciuta, incontrata anche solo per un attimo o ne hanno scoperto l’opera poetica e hanno raccontato di lei.

Francesca Albergamo

A tutti coloro che invece la scopriranno mediante questo straordinario viaggio del “I Premio letterario Nazionale Maria Fuxa – Città di Alia, il dono della sua rivelazione e della grande lezione di vita, offertaci con grande umanità, generosità e amore assoluto. Il Premio nasce da una idea lungamente coltivata e accolta fin da subito da alcune personalità del mondo della cultura e dell’arte che hanno conosciuto la poetessa Maria Fuxa, con l’intento di riallacciare quel filo del viaggio letterario perseguito dalla Associazione Siciliana per le Lettere e le Arti, ASLA di Palermo, nella persona del suo instancabile mentore Ugo Zingales, giornalista e editore. E da tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione di un progetto che vuole dare piena espressione e voce alla donna e alla poetessa, alla unicità della sua esistenza e della sua opera. Il premio, che vede la terra di Sicilia espressa nelle varie forme di contaminazioni culturali e artistiche, rappresenta per la città di Alia una occasione importante per omaggiare la nostra autrice, nella determinazione di prendersi cura dell’immenso patrimonio letterario custodito presso la Biblioteca Comunale

Francesca Albergamo

sapere in genere e della Poesia in assoluto, resiste alla sua stessa vita, incerta e dolente “traccia nuove strade” e in “ un anelito di libertà e di conquista” risorge. Maria Fuxa è stata: umile con gli umili, voce di chi non aveva voce ma anche pedagoga per coloro che, dotati di strumenti, potessero comprendere la sua resistenza, il suo pacato urlo di dolore e di denuncia, più che per sé, per tutta quella umanità negata, Emarginata, Esclusa!

risposta. E capisco che tutto doveva andare così per un grande disegno, perché da me doveva nascere qualcosa di più bello della vita stessa che … per me mai fu bella …”.