Lorenzo Gagliano

In Afghanistan la situazione è precipitata, i Talebani hanno ripreso il controllo del Paese in pochi giorni. Dopo che il Presidente ha lasciato il Paese, così come tutti gli occidentali e gli ufficiali di quel che era l’esercito afghano (questi ultimi scappati in Iran con mezzi, armi e strumenti Made in USA che gli iraniani non vedono l’ora di studiare), adesso sono i poveri civili che cercano una via di fuga, qualsiasi essa sia.

In foto la tragica conseguenza del tentativo disperato di aggrapparsi ad un aereo pronto al decollo, da parte di alcuni tra le migliaia di persone che anche oggi stanno affollando l’aeroporto di Kabul.

Per cercare di capire quella che sembra (ed è) una situazione storicamente confusa, bisogna considerare alcuni fatti importanti.

Innanzitutto il contesto storico e sociale: l’Afghanistan era ed è un territorio composto da tribù, la maggior parte della popolazione abita in contesti ai limiti del “rurale”, la religione e le tradizioni valgono più di ogni legge o aspetto culturale di stampo occidentale. L’origine del caos arriva quando i sovietici inglobano il Paese nella loro sfera di influenza portando, sulla spinta dell’ideologia comunista, parità tra uomini e donne, scolarizzazione e il rifiuto della religione. Di seguito, gli americani cercano di usare proprio la religione come leva per sottrarre il Paese ai Sovietici. Ci riescono nel 1992 anche grazie ai talebani che emergono come milizia armata principale già nel 1994 e come gruppo politico nel 1996 quando iniziano a governare l’Afghanistan, che, nel frattempo, diviene la base per il terrorismo islamista internazionale. Al Qaeda ha così, oltre il Pakistan, una casa sicura dalla quale operare. Dopo l’attentato dell’11 settembre gli americani decidono di invadere il Paese e combattere il terrorismo, chiaramente il governo talebano cade in poco tempo, ma inizia la guerra sulle montagne che durerà fino ad oggi. In realtà, la fine della guerra ed il ritiro USA entra in agenda sin dal 2008 con Obama e presto diventa uno dei pochi argomenti su cui Repubblicani e Democratici si trovavano d’accordo. Fino a pochi mesi fa i Repubblicani si vantavano di aver messo fine a questa guerra. Ma, a dispetto delle aspettative,  Il ritiro da parte degli USA e degli occidentali è stata la sintesi perfetta della conduzione della guerra più lunga di sempre: gestione pessima e farcita di errori. Adesso la popolazione delle città più grandi, coloro che avevano sperimentato libertà e un minimo di democrazia, è nel caos. Tra chi non cerca di fuggire, gli uomini si fanno crescere la barba nel tentativo di farsi passare per protalebani, le donne corrono a comprare il Burqa e i ragazzi e le ragazze cancellano i propri account Social. Chi è nato dopo il 2001 non ha idea  della legge dell’estremismo islamico che li aspetta e le ragazze abituate ad andare a scuola o all’università dovranno rinunciare anche alla sola idea di ritornarci. Chi ha aiutato gli occidentali (interpreti, semplici dipendenti statali) vive ora nell’angoscia e nella paura di essere ucciso in una pubblica piazza.

Per quanto Biden verrà mediaticamente lapidato per la suddetta gestione del ritiro, bisogna dire che è stato solo l’ultimo dei presidenti che ha commesso errori dichiarando che il ritiro sarebbe stato ordinato e senza sospendere la presenza diplomatica americana. In realtà sono scappati tutti distruggendo documenti classificati, come già accaduto nella storia di questi ultimi cinquanta anni.

Gli errori sono stati parecchi, tra i più importanti: la concomitante guerra in Iraq (Bush), che ha distratto forze e fondi dalla guerra in Afghanistan destabilizzando ancora di più la regione e favorendo la nascita dell’Isis. Tra i più recenti: la liberazione dalle carceri americane del leader talebano che ha in seguito trattato con l’amministrazione Trump per il ritiro delle truppe e che oggi si appresta a diventare l’emiro del nuovo stato islamista Afghano.  A questo punto sembra emblematica una frase attribuita ad un leader talebano catturato dagli americani: “voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”. Dopo 20 anni di guerra, pare che avesse ragione.

Prossimi sviluppi: i talebani hanno annunciato il “perdono totale” e che nessuno verrà perseguitato per aver aiutato gli occidentali, ma al massimo fra 72 ore, nessun soldato occidentale (a parte l’intelligence) sarà sul territorio. Vedremo allora il valore di queste promesse. D’altro canto è probabile che tra le forze di polizia e militari Afghane, vi sia qualcuno (già qualche nome di ufficiali fuggiti è stato fatto) pronto ad organizzare una resistenza dall’estero. Si dice che a Kabul ci siano ancora persone disposte a combattere. Staremo a vedere.

Lorenzo Gagliano

Per tenersi aggiornati e documentati in italiano suggerisco  le seguenti fonti:

Il racconto a puntate intitolato “Collasso Afgano” che sta facendo la Sez. Esteri del quotidiano “Il Foglio”

E giornalisti come Cecilia Sala, Daniele Raineri, Francesco Costa

Origine immagine: WEB