Mancano un mese e due settimane e si cominciano a scaldare i motori.

Si muove lentamente questa campagna elettorale siciliana.  Dopo un avvio scoppiettante e polemico tra e dentro le coalizioni sembra che adesso l’imperativo sia una sorta di silenzio istituzionale con tanto di savoir faire e rispetto a chiacchiere dell’avversario. E’ un atteggiamento da strateghi del nascondere le mosse e mostrare fattezze da politica vecchio stile con parole che in campagna elettorale dicono il contrario di ciò che si intende fare. Intanto si cominciano a vedere appesi in bella mostra i manifesti 6×3, quelli con i bei faccioni foto shoppati che sembrano venire fuori da fumetti stile Jacovitti.  I candidati al posto di presidente sono tanti, addirittura si parla di ben nove aspiranti presidenti con tutte le liste che si portano appresso e che dovrebbero metterli a sedere sullo scranno più importante e prestigioso della regione siciliana. E tra questi pretendenti ci sono facce vecchie e nuove, rappresentanti del nulla che cercano un posto al sole, navigati personaggi della politica siciliana che con slogan retorici ed accattivanti cercano di portare acqua al proprio mulino. Dando una occhiata alla lista dei candidati presidenti, a parte qualche volto conosciuto  ed accaparratore di voti, il resto dei “piccoli” non si capisce bene per quale motivo si siano candidati. Il rispetto verso la democrazia partecipativa impone che in una competizione politica chiunque si possa candidare, basta avere le carte in regola, cosa che sicuramente tutti avranno, altrimenti cosa si candiderebbero a fare?

Nel centro destra spicca il nome del presidente della commissione regionale antimafia Nello Musumeci, appoggiato da una coalizione  che sembrerebbe unita e compatta su questo nome e che nell’immaginario popolare o dei semi addetti ai lavori viene dato come vincente in barba a tutti i sondaggi.

Nome che si oppone a Musumeci è quello di Fabrizio Micari, rettore dell’università e candidato nel centro sinistra appoggiato dal PD e dagli orlandiani e dato come sicuro perdente per il solo fatto che il suo nome è sconosciuto alla massa popolare ed anche ai semi addetti ai lavori.

Poi c’è il caso 5stelle che al momento viene visto come un partito della rivoluzione ma che casi come quello di Bagheria gli faranno perdere un buon numero di voti. Il candidato del movimento è Giancarlo Cancelleri , indicato da diverso tempo come candidato presidente della regione siciliana, pompato a dovere dalle indicazioni di Grillo ed in ultimo votato in una votazione online detta regionarie dove il totale dei votanti è stato di circa quattromila voti, ma che non è dato sapere quanti voti hanno preso singolarmente i nove candidati a presidente del M5S. Alla fine viene da chiedersi a cosa servono queste consultazioni se già c’è un prescelto indicato dai padroni del movimento? In questo ci ha pensato la procura di Palermo che in base ad un esposto fatto da un escluso alla competizione ha deciso di bloccare queste regionarie, mentre Grillo e Cancelleri fottendosene del parere della magistratura dichiarano pubblicamente che loro andranno avanti.

Poi c’è Claudio Fava alla guida di una lista di sinistra sinistra e da MDP che i sondaggi danno al di sopra del 10% e che  possono piazzare qualche loro rappresentante all’ARS. Dietro questi nomi ci sono poi degli altri candidati presidente e anche se hanno le carte in regola difficilmente supereranno la forca caudina dello sbarramento al 5%. Altro cosa importante della legge elettorale è il fatto che non c’è ballottaggio e le liste minori non hanno lo spazio di come mercanteggiare i propri voti. Quindi, per ricapitolare, la battaglia sarà solo tra questi maggiori candidati, gli altri… c’hanno provato.

Liborio Martorana