Sembra che sia la deputata regionale Claudia La Rocca la gola profonda del Movimento 5 Stelle siciliano in relazione alla questione delle firme false. La stessa, prima di essere indagata, ha deciso di presentarsi spontaneamente, accompagnata dal suo avvocato, ai giudici che hanno riaperto l’inchiesta del 2012, ai tempi archiviata in quattro e quattr’otto. E questa fase della deputata, che non si può neanche definire pentita, mette in allarme tutto l’establishment 5 Stelle regionale, come anche quello nazionale.

C’é, poi, la deputata nazionale Claudia Mannino, accusata con la candidata alla poltrona di sindaco di Palermo, Samantha Busalacchi, di essere l’ amanuense che la fatidica notte, nella sede di via Sampolo, ricopiò le circa duemila firme, dopo che qualcuno le mise al corrente di un errore di residenza di un candidato al consiglio comunale della città.

Dopo i servizi realizzati dalle Jene, l’inchiesta è stata riaperta. Addirittura, una deputata del Pd,  Alessia Morani, ha presentato un’interrogazione parlamentare sul poliziotto Giovanni Pampillonia,  che nel 2012 indagò sulla questione delle firme false e che. a quanto pare. sembra essere in buoni rapporti persino con il capo del movimento, Beppe Grillo. Ma perché, ci si domanda da più parti, la storia è venuta fuori dopo che la sua archiviazione? Quali dinamiche si muovono all’interno dei 5 stelle?

Quello che viene da pensare sin da subito è che, in fondo, questi piccoli penta stellati si vadano avvicinando sempre più allo status medio del politico italiano, inciampando in ciò che da sempre vanno  ripetendo.  Il termine “ONESTA’” gridato ai quattro venti, dopo questa storia esce un po’ ridimensionato e appare inevitabile che si vadano perdendo pezzi per strada, se non addirittura voti.

Partendo dal presupposto che l’alterazione o la copiatura di una firma è un reato penale punibile con una pena che arriva fino a cinque anni di galera,  non si può pensare a  una cosuccia senza peccato, tanto sono ragazzi. No, non si può pensare di far passare questa vicenda come un peccatuccio veniale che va via con quattro Padre nostro e cinque Ave Maria. E’, infatti, giusto che coloro che hanno commesso questo reato comincino a pensare alla gravità di quanto fatto, magari con i preposti del movimento decisi ad avviare una seria riforma del loro “non statuto” applicabile a fasi alterne.

Nel caso dei penta stellati sapevano di stare commettendo un reato, anche perché quella sera il professore Vincenzo Pintagro, a quanto pare presente al misfatto, avvertì le amanuense di quanto stavano facendo. Quindi, a distanza di quattro anni, una domanda sorge spontanea: “Ma i Cinque Stelle palermitani sono cosi duri, casti e puri come dicono o già da tempo al loro interno hanno cominciato ad affilare le lame per la battaglia finale?”.

Diventa chiaro, al momento, il fatto che con molta probabilità non verrà presentata la lista per le prossime comunali, mandando i centoventi pretendenti alla poltrona di sindaco nel pallone.  Nell’isola, però, la partita importante non è la conquista della città di Palermo, bensì la Regione, dove i Cinque Stelle pensano di farcela facilmente, ma dove un passo falso palermitano potrebbe inficiare una loro eventuale vittoria.

Liborio Martorana