– “Siediti e cammina”, dicevano gli antichi.
Solo il viaggio dentro noi stessi ci restituisce al mondo innamorati della vita. –
Così scrive Adriana Zarri. E nessuno come gli artisti è in grado di compiere questo difficile viaggio introspettivo dentro se stessi, sublimandolo in scultura, pittura, fotografia, scrittura.
 Ionesco: “Che terapeutica la scrittura! La pagina bianca che io azzurro o annerisco è il ricettacolo delle mie angosce. Un ricettacolo, un confessore”.
Dalla conoscenza approfondita di sé, nasce la consapevolezza del mondo: di quello interiore, i cui confini sono delimitati dal tu, altro elemento necessario per capire chi siamo, cosa è la vita, quale la ragione e la finalità di essa, il suo senso; il senso dei nostri giorni; il senso, il significato dei nostri ricordi, del nostro sentire; e cosa rimane di noi, quando non saremo più su questa terra.
E la consapevolezza del mondo esteriore, dell’Altro da noi, i cui raggi ci percuotono, e che rivestiamo degli sguardi propagati dalle nostre anime.
Quello che compie, dunque, la poetessa Lavinia Alberti, nella raccolta di poesie “Gocce”, è il difficile e doloroso viaggio dentro se stessa. Doloroso nella misura in cui, con la freddezza del chirurgo che deve intervenire per rimuovere il male, riconosce e rivede tutto ciò che ha attraversato nel corso della sua vita. Le cicatrici che vengono portate alla mente dai ricordi.
Scrive: “Guardo dentro di me … pozzi profondi, limpidi oceani sconfinati, da poco attraversati brillano come illuminati da una luce notturna”. “Stanze vuote, muri bianchi, solo immagini dentro me. Quel che serve è tutto in me.”
Distilla gli esiti di questo percorso in “Gocce”, appunto: ”Gocce di versi, emozioni riversate con inchiostro indistintamente”; “gocce di rugiada”, sparse sul suo “cuore accartocciato da un viso un tempo amato”; “ gocce” di giorni, che, “una dopo l’altra han riempito coppe un tempo argentee, adesso di ferro, annerite e come foglie appassite.”; “gocce di minuti”, che “ scorrono dalle labbra di grigie fontane nitide e acquose come i tuoi verdi occhi”; “lacrime d’estate, gocce di vino in coppe argentee”.
Quindi scansiona tutto il suo essere in frammenti infinitesimali. E riconosce dentro di sé un caos:  il “caos delle ore, dei sonori silenzi, dell’eternità dei miei gesti, dei miei passi insonni, riempiti come sacchi di grano mietuto.”
Scrive in “Dietro una finestra”: “Dietro una finestra osservo il caos del mondo che gira intorno a me. Nudi silenzi avvolgono il mio corpo, ma il frastuono più grande era dentro di me”.
Dunque il caos interiore non è che un riverbero del caos del mondo esteriore: un riverbero che in lei suscita un disagio, un grido più forte del frastuono proveniente dal mondo esteriore. Un grido di dolore. Sicuramente questo dolore nasce dal non trovare, fuori di sé, una corrispondenza del proprio sentire. Ed ecco che emerge il tu: necessario, per conoscere se stessi. Solo dalla relazione con l’Altro da sé, nasce la conoscenza del proprio mondo. Infatti è l’Altro che delimita i nostri confini. Ed ecco le delusioni, le aspettative disattese. Il riconoscere che la realtà viene velata da sogni impalpabili e irreali, come “Fantasmi”: danno il titolo a una sezione della sua raccolta.
Sui sogni irrealizzati: “Mi sveglio da un sogno … frammento di vita, ma era una foglia ormai appassita.” Fantasmi le speranze irrisolte; fantasma il tu amato che non ha corrisposto con la stessa profondità , che lei gli aveva rivolto. Fantasma alla fine il mondo esteriore stesso, in cui la poetessa non si riconosce e non si vede. Lei è oltre.
Scrive: “Sanguinano i miei polsi, urlano i tuoi occhi, vetri lacerati o forse solo offuscati. Io sono oltre la nube”. Riconosce l’illusorietà della luce che si propaga dal mondo esteriore. Scrive: “Luce che ammagli bruci il mio volto nei rivoli degli sbagli. Tortuosi e sfumati inganni domani nulla saranno.”
Sul suo amore irrisolto, e in quanto tale doloroso, anche se capace, in fin dei conti, di destare in lei sentimenti che hanno dato un senso alla sua vita, scrive: “Tu non sapevi distinguere i nodi dei rami da quelli del cuore”. O anche :”Non so se mi hai amato. Ma io sì. Sono nata e morta quel giorno. Ma rinascerò di nuovo.”
Ecco, emerge la rinascita: il viaggio dentro se stessa, dentro il suo cuore “denso, grumo di ricordi immensamente vaghi”, porta ad un insopprimibile bisogno di risorgere, di riaffermare la propria identità, il proprio essere. Trova “Inutili e vuoti gli indugi di malinconia”.  Allontana quelle onde che la riportano al passato. Scorge, davanti a sé, il futuro.
Si appiglia a “Bagliori”: “Astro nascente forza trainante stupore di un caos accogliente. Bagliore, come nettare di fiore, t’accolsi con grande stupore. D’un tratto l’eterno tuo fulgore”.
Quindi un viaggio costruttivo, fecondo. “In silenzio ascolto la mia anima, ripenso al mio passato, immagino un futuro. Nel presente oceano di emozioni.”
 Grazie ad esso, la poetessa riscopre la bellezza della vita, la sua eternità: “Eterna gioia vivo, sento il mio respiro. La mia anima un sospiro in me che ancora vivo”. “Vento che accarezzi la mia pelle, sussurra alle mie orecchie ch’è tempo di bellezza ch’è tempo di dolcezza. Accogli ciò che resta, l’eterna tua pienezza.” “E’ esplosa la primavera, germogliano le piante, il sole mi acceca, è quasi abbagliante e fuori è tutto verdeggiante. Vago senza meta, felicità dentro me, o tormento, ancora non lo so.”
Ed ecco proclamato l’amore per la vita:” Immensamente piena, eterna nella sua brevità la vita”.
Ed è luce ciò che aspetta la poetessa alla fine dei suoi giorni: ” Da qualche parte pezzi di stelle aspettano me, esplodono intrise di fuoco. Diamanti di terra, germogli di luce, scintille deserte, un’unica fiamma. Da qualche parte … comete di carta biancore e stupore. La vastità di un bagliore mi aspetta.”
La luce quindi c’è: è possibile trovarla al di là di qualsiasi caos, di qualsiasi frastuono. E’ dentro di noi, nella volontà di affermare il nostro sentire al di sopra di qualsiasi esteriorità confusionaria. O forse la luce promana dal caos stesso, in quanto vita.
Bagliori dipanano i grovigli delle nostre anime.
Di luce verremo avvolti, per sempre.

Ornella Mallo