Oggi: alla fermata del bus una presenza nuova, una giovane donna africana canta la sua nenia ondeggiando, passando il peso da un piede all’altro; la voce, né forte né piano, avvolge tutti. Mi lascio cullare e non mi accorgo del ritardo, otto minuti, corsa saltata, il prossimo sarà più affollato. Linea 118, capolinea Viale Francia.
Ho acquistato un carnet di biglietti giornalieri, se prendo il bus due volte al giorno risparmio 16 centesimi a corsa.
A Palermo i bus sono utilizzati in prevalenza da stranieri, tutto l’arcobaleno dal bianco al nero, quando salgo cerco sempre una posizione vicino a loro, mi sento più sicuro. La mattina ci sono gli studenti, espressioni stanche già alle otto; con le orecchie tappate dagli auricolari sembrano isole colorate nel deserto.
Cerco di sfogliare il quotidiano e strappare al tempo la lettura di un fondo, di un trafiletto satirico; mi guardano male: è un vecchio trucco da borseggiatori. Sollevo il giornale a paravento, sempre meglio che stare rintanati dentro un’auto a cercare un posteggio impossibile.
Domani: studenti e lavoratori stranieri si scambieranno opinioni sulle ultime notizie del giorno, sulla scuola, sul lavoro, sulla partita del campionato; anche io dirò la mia, sorriderò per incoraggiare i ragazzi con i vocabolari di latino sotto braccio o una giovane indiana col bimbo addormentato nel passeggino.
Oggi: piove, alla fermata spuntano i funghi degli ombrelli. Il bus giunge puntuale, mentre salgo vedo una donna che scende e lascia al volo il biglietto a un’altra a bordo: è una pratica usuale, non occorre conoscersi, basta uno sguardo. Io non posso, ho il biglietto giornaliero.
Salgono sul bus cinque controllori, salgono da tutte le portiere, bloccando chi scende di corsa, verificano biglietti e abbonamenti. Un signore anziano inizia una discussione con uno di loro sostenendo che la obliteratrice non funziona. “Credete che a sessant’anni faccio ancora giochetti da bambini?” Controllano, funziona.
Alcune fermate più avanti altri controllori salgono sulla stessa vettura, appena vediamo spuntare le divise ridiamo tutti.
Domani: i controllori saranno disoccupati perché tutti avremo fatto il nostro dovere.
Oggi: passa una vettura con la obliteratrice posta in cima ai gradini, rimaniamo in fila sulla pedana con i biglietti in mano e qualcuno impreca pure. Finalmente si parte, l’autista è parecchio nervoso, frena, accelera, frena, ci sballotta avanti e indietro, ogni tanto manda al diavolo gli automobilisti. La parete di fondo è imbrattata da una scritta oscena, la vettura è semi vuota ma i passeggeri stanno ammassati davanti la portiera. È lunedì, la settimana inizia tesa, percepisco a pelle un’atmosfera violenta. Ancora quattro lunghi giorni di “bile” fino alla pausa del fine settimana; ne vale la pena per sostenere il servizio pubblico e diminuire di un infinitesimo l’inquinamento dell’aria?
Domani: passerà la vettura nuova con la voce registrata che ricorda linea, fermata e direzione di marcia e con i display a bordo che mandano la pubblicità alternata alle info. La pedana si abbasserà a livello del marciapiedi e saliremo e scenderemo comodamente, l’obliteratrice timbrerà i biglietti con un suono gentile, i sedili saranno molto comodi. L’autista ci accoglierà con un “benvenuti a bordo” e terrà una andatura rilassata.
Oggi: c’è lo sciopero degli autoferrotranvieri, pochi bus in circolazione e, tornando dal lavoro, prendo un’altra linea, il 704; per arrivare a casa devo prendere un secondo bus, è affollatissimo, ci si sostiene a vicenda senza tenersi ai sostegni, come astronauti in assenza di gravità. Mi squilla il cellulare, la suoneria-messaggi, ma non riesco neanche a mettere la mano in tasca; scendo sotto i portici, apro la cartella degli sms: “Pà, mi compri le sigarette? :)”
Domani: ascolterò la voce registrata ripetere con cadenza sempre uguale: “Linea 118 direzione Francia prossima fermata …” “Linea 118 direzione Francia …” “… direzione Francia …” .
Ma, se tutto sarà così bello, perché sentirò così forte il desiderio che il bus frantumi davvero il confine, sorvolando il Monte Bianco e mi porti in planata, attraverso castelli sul fiume e città dell’antica Roma, fin sotto la torre Eiffel?
Fabrizio Vasile