Almeno 40 le vittime della catena di esplosioni avvenute oggi nel centro di Kabul nella sede di un’agenzia di stampa sciita, il Taiban Media Center,  in cui si stava svolgendo una cerimonia per ricordare il trentottesimo anniversario dell’invasione sovietica dell’Afghanistan.

Secondo l’emittente televisiva Tolo, oltre a diversi giornalisti, sul luogo degli attentati erano presenti diversi studenti, donne e bambini. A confermarlo Nasrat Rahimi portavoce del ministero dell’interno Afghano che ha aggiunto: “Con l’attacco odierno, e con quelli contro moschee e centri culturali, i terroristi commettono crimini contro l’umanità, con atti che sono contro tutti i principi islamici ed umanitari”.

Dalla ricostruzione delle dinamiche è emerso che le tre esplosioni si sono verificate non simultaneamente, bensì a poca distanza l’una dall’altra: chi si è recato sul luogo nel tentativo di soccorrere i feriti della prima esplosione è rimasto falcidiato dalla seconda e dalla terza. A poche ore dagli attacchi, in assenza di rivendicazioni ufficiali, le indagini hanno seguito la pista talebana, il gruppo ancora oggi più attivo in Afghanistan, ma successivamente è giunta la rivendicazione dall’agenzia di stampa Amaq il braccio mediatico dello Stato Islamico che ha dichiarato: “sono morte cento persone, tra cui tre responsabili del centro sciita e tre giornalisti. E sono 120 le persone rimaste ferite nell’attacco”.

Persiste tuttavia ancora una certa confusione circa il numero di attentatori che hanno dato il via alla carneficina, la rivendicazione dell’Isis parla di un unico Kamikaze e di tre bombe, le forze di sicurezza Afghane sostengono che gli operativi siano stati almeno in due.

Non è la prima volta che i media afghani vengono presi di mira da estremisti dello Stato Islamico, a Novembre un attacco all’emittente Shamshad Tv ha fatto registrare il bilancio di un morto e circa venti feriti.

Fabrizio Tralongo

 

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