La trappola Ceta. Ceta sta per Comprehnsive Economic and Trade Agreement, cioè l’accordo commerciale firmato il 30 ottobre scorso da Ue e Canada, che entra in vigore oggi. Abbiamo molto parlato ed urlato a proposito del T.T. I.P. (Transatlantic Trade and Investiment Partnership) come coacervo di ogni male possibile ed era così, il trionfo della globalizzazione, la modificazione sostanziale della sovranità che passerebbe dagli stati alle economie ed ai loro interpreti ed attori. Spazzando via ogni forma di tutela e garanzia alimentare, ma non solo, mettendo in mano la possibilità (con buone possibilità di vittoria, anche) alle Major di chiamare in giudizio gli Stati Nazionali qualora ostacolino con leggi o divieti le loro trame di mercato (un esempio la causa persa, per ora, da Philip Morris contro l’Uruguay).

In questa opposizione al “Mostro Statunitense” ci siamo dimenticati o non abbiamo notato il Canada. Infatti si tratta di una accordo commerciale fra Unione Europea e Canada.

La “Trappola” è evidenziata da una “contraddizione in seno all’elite” – cioè da due creature del suo stesso senso di colpa Greenpeace (finanziato molto pesantemente fra gli altri dal nipote di Rockefeller) ed una ONG La Institue for Agricolture and Trade Policy – che portano all’evidenza il tentativo palese di influenzare in chiave globalizzante le “abitudini” di entrambi e teatri di mercato, colpendo , in particolare, i rigorosi (ancora per poco) standard alimentari Europei.

Questo significherà salmoni OGM, carne gonfiata ed arricchita con ormoni (per chi mangia la carne non è una buona notizia), animali clonati. Ma non solo: significherà anche che qualsiasi opposizione a tale aggiramento delle regole possa essere perseguita in termini legali, anche quando sia ad opera di uno Stato.

Il Ceta permette, comunque alle major senza scrupoli, che hanno tutte una sede canadese di sfondare il fronte europeo e mediterraneo, in particolare. Con il loro cibo spazzatura, e con i loro prodotti OGM. Con la carne trattata, non solo agricoltura ed alimentazione purtroppo, le conseguenze peggiori in campo commerciale sono tutte da vedere.

Ci siamo opposti al T.T.I.P e ci hanno aggirato con il Ceta, che , fra l’altro, entra in “gestione provvisoria di prova” proprio in questi giorni.

Il trattato entra in vigore al 90% nonostante non ci sia la ratifica dei parlamenti nazionali, vi è quindi ancora spazio per fermarlo. Basterebbe infatti la mancata ratifica di uno degli stati per fermare tutto.

Gli effetti immediati sono la riduzione dei dazi, l’aumento del volume dei commerci, ma soprattutto l’avvio di quella che viene chiamata cooperazione normativa, che facilita enormemente l’accesso delle Major ai “politici” instaurando di fatto il lobbismo, anche dove non ve n’era affatto abitudine ed uso. Accesso facilitato che, come abbiamo imparato a capire, colpisce i cosiddetti politici là dove sono più sensibili: nel portafoglio.

Le quote europee d’importazione di carne di manzo e maiale aumenteranno, per esempio da 12 a 14 volte, ma soprattutto si privilegerà il commercio ai bisogni umani. Come per altro è “tendenza filosofica” in un sistema globalizzato dove le leggi di mercato divengono norme di organizzazione sociale e regole di vita.

Facciamo un esempio su tutti: se la ratifica andasse in porto (e allo stato solo il Belgio sta chiedendo chiarimenti in proposito) nella querelle del grano duro importato dal Canada, che sta mettendo in ginocchio i produttori di frumento italiani ed alla quale si vuole rimediare con l’imposizione dell’obbligo di etichettatura d’origine, l’esportatore canadese potrebbe rivalersi sul governo italiano per aver ostacolato il libero commercio. Meditate gente, finché ve ne riamane una vaga possibilità!

Editoriale di Giandiego