In questo ultimo anno i media hanno accentrato l’attenzione sulla ricerca scientifica in campo biomedico, tralasciando l’informazione su altre discipline che pure hanno portato a notevoli sviluppi  in svariati campi scientifici.

Un breve sussulto informativo si è avuto il 18 febbraio quando la missione della Nasa Mars 2020, con il rover Perseverance, è giunta su Marte dopo avere percorso 470 milioni di chilometri. L’impresa, già di per se entusiasmante dal punto di vista tecnico e scientifico, ha suscitato ulteriori entusiasmi per chi crede che l’umanità debba raggiungere e superare nuove frontiere.

Ci si chiede tuttavia, se al momento, queste nuove frontiere non vadano cercate e superate rimanendo sul nostro pianeta. Personalmente vedrei meglio che l’umanità si lanciasse alla conquista dello spazio dopo avere risolto degli atavici problemi che incombono da diversi millenni. Senza contare che non è chiaro a chi ci si riferisca col termine di “umanità”: parliamo dei paesi ricchi dell’occidente opulento, minoranza nella popolazione mondiale, oppure della restante umanità povera, senz’acqua e decimata da guerre ed epidemie?

Perché, parliamoci chiaro, arrivare su Marte non costerebbe due soldi. Né si può pensare che una simile impresa si risolva un pochi anni. Per cui la domanda sorge spontanea: non sarebbe meglio impiegare le immense risorse necessarie per l’avventura marziana per risolvere la fame nel mondo?

Tuttavia negli ultimi anni è riemersa  l’ipotesi di costruire un insediamento umano su Marte Infatti, già Wernher von Braun nel 1952, aveva pensato di costruire su Marte un insediamento permanente e la NASA investì un congruo patrimonio per studiare il progetto. Ma dopo lo sbarco sulla Luna l’idea venne abbandonata.
Tuttavia, venti anni dopo qualcuno alla NASA tornò sull’idea e il presidente Bush finanziò la stesura di un progetto che prevedeva la costruzione di stazioni spaziali, una base sulla Luna, diverse astronavi e infrastrutture permanenti su Marte per un costo iniziale di “soli” 500 miliardi di dollari. Dollari di 30 anni fa, pari a più di 1000 miliardi odierni. Il congresso respinse la proposta.
Negli anni successivi ci furono diverse altre società che avanzarono proposte di un insediamento umano su Marte a costi limitati a meno di un decimo. La NASA non ha più stanziato un centesimo su questi progetti. È stato Elon Musk che nel 2016 ha pubblicato i piani per la creazione di una colonia permanente su Marte di 80.000 persone. Daniele Missiroli, in un interessante intervento sulla pagina FB di Fisica Quantistica e altre teorie, ha provato a fare qualche considerazione di cosa comporti fondare una colonia permanente su Marte a partire da considerazioni oggettive.
1) Distanza. Marte non orbita al seguito della Terra, come fa la Luna. Quel pianeta ha un “anno” pari a 22,6 mesi, per cui passa la maggior parte del suo tempo lontano da noi. Per un po’ si trova addirittura dietro al Sole e non è possibile nemmeno comunicare. La cosiddetta “finestra di lancio” si ripete ogni 780 giorni, quindi si può partire solo ogni 26 mesi.
2) Ossigeno. La pressione atmosferica è pari all’1% di quella terrestre e l’atmosfera non contiene abbastanza ossigeno. Occorrono habitat pressurizzati e tute spaziali per muoversi all’aperto.
3) Freddo. La temperatura media è pari a -63 gradi centigradi, con una minima a -143 e una massima a +25 gradi, per cui occorre prevedere un sistema efficiente e sicuro di riscaldamento.
4) Gravità. La gravità è il 38% di quella terrestre e non sappiamo che problemi degenerativi avrà chi vive per anni con questa debole gravità. Già vivere per diversi mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale qualche problema alle ossa lo provoca.
5) Radiazioni. Una lastra a raggi X fa assorbire al corpo umano 20 millisievert. Stare sei mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale, per un astronauta, è come fare da 4 a 8 lastre. Il viaggio attuale verso Marte dura sei mesi e gli astronauti subirebbero circa 300 millisievert. Con il soggiorno su Marte di un paio di anni, più il ritorno, arriviamo a 1 sievert o poco più. In caso di eventi solari particolarmente intensi (capitano spesso) questo valore aumenta. Esponendo un individuo alla dose di 1 Sievert le statistiche indicano un aumento del 5% delle probabilità di contrarre il cancro. Si può pensare di schermare meglio le astronavi? Le radiazioni sono di due tipi: raggi cosmici e vento solare. I primi non si possono schermare, poiché sono altamente energetici. Sulla Terra abbiamo un forte campo magnetico che ci protegge, che invece Marte non ha e abbiamo anche chilometri di atmosfera. Le particelle solari, invece, si possono schermare. Purtroppo Curiosity, nel suo viaggio verso il pianeta rosso, ha rilevato che costituivano solo il 5% delle radiazioni totali.
6) Comunicazioni. Nel momento di massimo avvicinamento alla Terra, il ritardo nelle comunicazioni è di 4 minuti. Aumenta man mano che ci allontaniamo, fino ad arrivare a un massimo di 24 minuti. Poi, dietro al Sole non si comunica più. Le comunicazioni sono anche problematiche sul pianeta, poiché sulla Terra noi comunichiamo sfruttando il fatto che le onde si riflettono sulla superficie della ionosfera. Guglielmo Marconi fu il primo a sfruttare questo vantaggio il 27 marzo 1899, contro tutti i pregiudizi degli altri scienziati, che pensavano che le onde elettromagnetiche non avrebbero potuto seguire la curvatura terrestre. Su Marte non abbiamo la stessa ionosfera e dalle prove effettuate tramite i rover non si può comunicare a frequenze superiori a 700 KHz.
7) Costi. Un biglietto per Marte costerebbe oggi mezzo milione di dollari. Elon Musk sostiene di riuscire ad abbatterlo fino a 100.000 dollari, forse meno. Molte persone avventurose dispongono di somme del genere, ma una volta arrivati su Marte, dato che non c’è niente, chi pagherà per i rifornimenti? Quando una società privata utilizza risorse che non hanno un proprietario (secondo i trattati internazionali) chi ne trae vantaggio? Quanto sarà grande la perdita economica che dovrà sostenere la Terra per mantenere una colonia su Marte? Sarà possibile “chiudere i rubinetti” dei dollari?
8) Beni di consumo. Una colonia deve essere autosufficiente, dato che i viaggi saranno sempre distanziati di 26 mesi. La prima cosa da produrre è ossigeno, acqua, energia e fertilizzanti per il cibo. In un secondo tempo occorrono tutte le cose che produce una civiltà industriale. Carburante, manufatti di plastica, legno e ferro.
Per l’energia i pannelli solari non sono sufficienti, sarà necessaria una piccola centrale nucleare. La NASA ce l’ha già, si chiama Kilopower e in meno di 250 chili produce 10KW per 10 anni. L’ossigeno si produrrà grazie all’elettrolisi, dissociando l’acqua in idrogeno e ossigeno. L’ossigeno poi si immagazzinerà e si userà l’idrogeno con l’anidride carbonica per la produzione di metano e acqua tramite la reazione di Sabatier, che avviene spontaneamente in presenza di un catalizzatore come il nichel. Con il metano poi si crea la plastica, materiale leggero e resistente.
La prima missione avrà un biglietto di sola andata. Ammettendo di avere una nave in grado di atterrare e ripartire, dovranno essere in grado di produrre, in 20 mesi (oppure in 46) il carburante necessario al ritorno.
Ora facciamo un esercizio numerico. Per essere autosufficienti servono persone, molte persone. L’unità autonoma più grande ed efficiente che conosciamo è la portaerei. Una portaerei può stare in mare per anni, gli mancano solo i campi da coltivare. L’equipaggio è composto da circa 5000 uomini. Togliamo i piloti e riduciamo il più possibile le mansioni, è logico supporre che almeno 2000 persone per essere autosufficienti saranno necessarie. Attualmente possiamo trasportarne 5 ogni viaggio. È facile però immaginare che i posti aumenteranno. Si potranno anche costruire altre navi e partire con tutta la flotta. Immaginiamo di arrivare ben presto a 20, anche 30 persone a viaggio. Anzi, diciamo che 50 persone andranno su Marte in ogni viaggio.
Per portarne su Marte 2000 occorreranno 40 viaggi. Ogni 26 mesi. Per un totale di 1040 mesi, quindi circa 90 anni. Con il primo viaggio programmato, se va tutto bene, per il 2025. E non abbiamo tenuto conto dei decessi.
In 90 anni qualcuno morirà su Marte e qualcuno dovrà tornare indietro. Non sappiamo come si comportano le ossa umane con una gravità di appena 3,7 m/s^2 e teniamo conto che i coloni avranno accumulato una dose importante di radiazioni. Il 5% di 2000 è pari a 100. Servirà anche un ospedale.
Ok, per il 2115 potremmo aver creato una colonia autosufficiente su Marte. Sempre che portiamo 50 persone di media a viaggio (come delta fra quelli che muoiono o tornano indietro) per 90 anni, dovendo ancora collaudare una nave che decolla, atterra su Marte, decolla di nuovo e atterra sulla Terra. E dovendo ancora creare tutte le infrastrutture necessarie alla vita su un pianeta di quel tipo. Iniziando nel 2025 con 5 lavoratori. E dopo 26 mesi, se va tutto bene, saranno in 10 o poco più.
Il dottor Michael Meyer, scienziato senior della NASA, una volta ha detto: “L’idea del terraforming è un esercizio interessante, ma non c’è quasi ossigeno nell’atmosfera di Marte e c’è una quantità d’acqua infinitamente piccola, il che significa che sarà estremamente difficile coltivare i raccolti, tanto meno creare un ciclo dell’acqua. Non è nemmeno chiaro se ci sono abbastanza risorse per rendere possibile la terraformazione. Penso che il film ‘Total Recall’ esprima l’idea giusta: dovremo usare una tecnologia aliena.” 

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