Di Fabio Gagliano.

Stiamo per entrare in periodo preelettorale e tra poco i mass media ci sommergeranno di sondaggi e previsioni sui risultati. Ma, ci chiediamo, quanto possono essere attendibili questi sondaggi e quanto non siano volti più che altro ad influenzare l’elettorato più che informarlo.

Fondamentale nel sondaggio di opinione è la scelta del campione.

Intanto si può notare che le tecniche di campionamento sono utilizzate, nel nostro come in tutti gli altri paesi industrializzati, da lunghissimo tempo dagli istituti nazionali di statistica ma anche da altre istituzioni e dalle aziende e sono divenute sempre più note al pubblico da quando il loro impiego si è diffuso nella stampa e nella televisione, purtroppo non sempre come elemento di effettiva e ponderata riflessione e conoscenza. Molti ricorderanno i tentativi di interrogare gli italiani sulla reintroduzione della pena di morte, facendo ricorso ad un «campione» (qui le virgolette sono d’obbligo) di ascoltatori che volevano esprimere la loro opinione. Tentativi che si sono rivelati tanto maldestri dal punto di vista del metodo, da esser citati, nei libri sul campionamento, come esempi di errori da evitare e dimostrano, pur nella buona fede di chi li ha intrapresi, una profonda non conoscenza delle difficoltà che si annidano nella raccolta dei dati campionati.

Come scrive Alan Stuart, nel suo famoso “I sondaggi di opinione”, il puro e semplice peso dei tabulati che provengono da un campionamento, quale che ne sia la dimensione, spesso induce chi se ne serve ad essere poco accorto alle credenziali del campione stesso. Tuttavia, le credenziali di un campione non solo sono importanti per l’interpretazione dei risultati, ma sono le sole informazioni sul valore che possiamo assegnargli. Forse non senza qualche sorpresa, le basi scientifiche delle tecniche campionarie dipendono da parecchi fattori paradossali annidati nel nocciolo della teoria dei campioni; ad essi ed alla loro elaborazione dobbiamo rivolgerci. Del resto, il processo di campionamento avviene anche nella vita di tutti i giorni: chi fa la spesa campiona a colpo d’occhio la qualità della frutta e delle verdure che intende acquistare; in un campo più rilevante, campioniamo il comportamento di coloro che conosciamo, e sulla base di questi campioni, decidiamo di quali di loro ci piacerebbe approfondirne la conoscenza. Se il fruttivendolo mette in mostra il meglio e ci vende prodotti di qualità inferiore, protestiamo per il campione distorto oppure cambiamo fornitore. Se ci accorgiamo che un amico si comporta male, ci sentiamo molto delusi dal campione distorto del suo comportamento che abbiamo in precedenza rilevato. Essendo la natura umana quella che è, il concetto di distorsione segue da vicino il concetto stesso di campione. Persino se escludiamo distorsioni di tal genere, ben sappiamo che alcuni fruttivendoli sono più affidabili di altri per quanto riguarda la consistenza della qualità che offrono. Spesso giudichiamo il comportamento di alcuni dei nostri amici più affidabile di quello di altri, in una data situazione. Le qualità, di assenza di distorsione e di affidabilità, sono ciò che richiediamo in generale al campionamento statistico.

Circostanza ancor più rilevante, è che la teoria del campionamento è un argomento essenzialmente statistico e matematico e, quindi, la sua comprensione richiede conoscenze specifiche in chi voglia affrontarne lo studio.

L’inizio del dibattito sulla rappresentatività dei sondaggi non è cosa nuova ma risale al IXX secolo. Infatti, i primi tentativi furono fatti in Francia, scaturiti dalle indicazioni di Laplace e di altri studiosi intorno al 1800. Nel corso dei successivi decenni l’interesse e gli studi sulle rilevazioni campionarie impegnarono sempre di più gli statistici e le organizzazioni nazionali di statistica. Infine, visto che i sondaggi rivestono un ruolo centrale non solo nella finanza e nel commercio, ma anche nella propaganda e nelle decisioni politiche, vale la pena ricordare la richiesta del rispetto deontologico da parte della Società Italiana di Statistica e le parole con cui un primo ministro inglese rifletteva sulla loro utilità. La richiesta della Società italiana degli statistici poneva come centrale la certificazione delle credenziali del sondaggio e l’obbligo, da parte di chi li effettua, di specificare alcuni elementi basilari (come l’ampiezza campionaria, il modo di campionamento, la formulazione delle domande, le mancate risposte e l’errore delle stime) in modo da mettere in grado tutti i fruitori di farsi una propria idea della fiducia da assegnare a ciascuna indagine; un po’ come l’obbligo, sancito per legge, di specificare nelle etichette il contenuto e la data di scadenza dei cibi che acquistiamo.

Il primo ministro inglese era Harold Wilson (incidentalmente era anche uno statistico) che, nel passo seguente, dà una indicazione che, sebbene largamente condivisa dagli statistici, mi sembra risulti abbastanza estranea al senso comune:

“La conclusione dell’uomo di Stato potrebbe essere: prestare attenzione ai sondaggi, non farne idoli. Non cercare di proibirne la pubblicazione, sia alla vigilia di una elezione sia in qualsiasi altro giorno. Considerarli un tentativo onesto per registrare lo stato dell’opinione pubblica, in un dato momento, in un’occasione politicamente importante; o almeno, una valutazione non dell’opinione ma di quel fenomeno indefinibile che è lo stato d’animo del pubblico riguardo a una situazione politica, uno dei fattori della politica, ma non il fattore determinante. Esaminare la formulazione delle domande e i dettagli delle risposte. Insistere perché la pubblicazione dei risultati sia franca e onesta, perché non sia influenzata dai pregiudizi di editore o di proprietario di coloro che controllano la pubblicazione, sia che questo avvenga mediante la selezione dei risultati pubblicati, sia mediante omissioni o mediante deformazione; perché i sondaggi costituiscono un servizio pubblico; il che vuol dire che devono servire il processo della decisione democratica, e non avere la pretesa di dominarlo. Trattare dunque i sondaggi con considerazione, come si farebbe con qualsiasi valutazione dei fatti che si devono prendere in considerazione, realizzata onestamente e da esperti professionisti. E infine riconoscere che sei stato eletto, come legislatore o per governare, non su ciò che è conveniente o elettoralmente vantaggioso, ma su ciò che è bene. “

Bibliografia

  • S. Brasini, et al. Statistica aziendale e analisi di mercato, 2002, Manuali, Il Mulino, Bologna
  • M. Barisone, R. Mannheimer, I sondaggi, 1999, Il Mulino, Bologna
  • J.J. Droesbeke – P. Tassi, Histoire de la statistique, Paris, Presses Universitaires de France, 1990.
  • A. Stuart, I sondaggi di opinioni, Newton Compton, 1996
  • M. Chiaro, I sondaggi telefonici, 1996, CISU, Roma

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