È un dilemma ormai decidere se andare a votare o no. C’è chi sembra aver trovato la propria rappresentanza e la conseguente speranza. C’è chi è invece in balia di nessuno, che appunto non si sente rappresentato. In questo periodo storico, tra pettegolezzi, pugni, calci e rabbia del popolo italiano, andare a votare il prossimo 4 marzo diventa un problema. C’è chi dice basta al voto utile. Ma è da irresponsabili? Chi se la sente di giudicare, è libero di farlo. Intanto vediamo le statistiche e come si è generato il fenomeno dell’astensionismo.

Il significato di astensionismo

«L’astensionismo è, in ambito politico, la non partecipazione sia al voto, quando si venga sporadicamente chiamati ad esprimersi in particolari occasioni referendarie, sia ad elezioni che si ripetono con frequenze regolari

Un crescendo dagli anni Settenta

L’astensionismo si è sviluppato ed è stato un crescendo in Italia a partire dagli anni Settanta. In particolare con la questione morale evidenziata nel 1977 da Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano, quando appunto si cominciò a denunciare la corruzione dei partiti politici. Si è passati dall’iniziale astensionismo del 6, 6 per cento degli elettori alle politiche del 1976, tenendo in considerazione i voti inespressi, cioè le schede bianche e nulle, in tempi recenti invece si è arrivati al non voto di circa un elettore su cinque. Una forma di protesta contro questa realtà politica. Oggi, analizzato il fenomeno, si è arrivati ad una percentuale del 30 per cento. Si ridurrà con le elezioni del 4 marzo?

Ma perché la gente non vota? Secondo uno studio effettuato da IPR Marketing ci sarebbero tre categorie: consolidati, infuriati e delusi. I consolidati sono quelli completamente disinteressati alla politica, che non si sentono in alcun modo coinvolti. Mentre i secondi sono vicini ai temi della politica e vivono con frustrazione il fatto di non riuscire a incidere sulle decisioni. Infine, fanno parte della terza categoria, i delusi: sono quelli che potrebbero decidere di andare a votare all’ultimo momento.

Serena Marotta